Riti in emergenza e riti di commemorazione: un mio articolo su Lavoro Culturale

5 aprile 2017:

Essere pubblicati la vigilia dell’ottavo anniversario del terremoto dell’Aquila è una responsabilità e un onore. Quel sisma ha provocato immenso dolore e innumerevoli fratture ancora non riassorbite, eppure – come sostengono alcune studiose che ammiro molto – la catastrofe è anche generativa, infatti, almeno per le scienze sociali italiane, quel terremoto ha rappresentato un punto di svolta: sociologi, antropologi, geografi, storici, linguisti hanno cominciato a porre il disastro al centro delle loro analisi, producendo in pochi anni riflessioni preziose. Una generazione di ricercatori – impegnati e a vocazione internazionale – sta costruendo un sapere che spero venga ascoltato dalle istituzioni del nostro Paese per migliorare la preparazione agli eventi nefasti, la prevenzione, la mitigazione, la risposta, la comunicazione, la ricostruzione.
Partendo dai miei studi intorno al Vesuvio, in questo contributo nella sezione “Sismografie” di “Lavoro Culturale” spiego le ragioni dei “riti in emergenza”, che non sono pratiche di superstizione, bensì concrete strategie di sopravvivenza.

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Dopo circa un’ora dalla pubblicazione del testo, sono stato contattato da Valentina Risi di “Radio MPA” per invitarmi in diretta durante la sua trasmissione del mattino. Ebbene, il mio intervento è ascoltabile qui:

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Segnalo, inoltre, che l’articolo è corredato di un abstract esteso in inglese: “Protecting ourselves from earthquakes: emergency rituals and seismic memory“.

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Anche in questo caso l’articolo è stato molto condiviso su Fb. Riporto alcune presentazioni che ne hanno fatto i miei contatti:

Lavoro Culturale:
A otto anni dal terremoto dell’Aquila, Giogg si interroga sui “riti in emergenza”, ovvero quei dispositivi folklorici utili a riassorbire lo shock causato da un disastro e, allo stesso tempo, a tentare di tenere insieme una collettività dopo un trauma.

Sismografie:
Alla vigilia dell’ottavo anniversario del terremoto dell’Aquila, pubblichiamo una riflessione di Giogg sul ruolo dei riti di emergenza e di commemorazione prima, durante e dopo i disastri, a partire dall’analisi del caso Vesuviano e dei recenti terremoti che hanno colpito alcune aree del Centro Italia.
Per la prima volta, qui su “Sismografie”, anche un lungo abstract in inglese.

Giuseppe Forino:
Alla vigilia dell’ottavo anniversario del terremoto dell’Aquila, pubblichiamo su Sismografie la bella e approfondita riflessione di Giogg sul ruolo dei riti di emergenza e di commemorazione prima, durante e dopo i disastri, a partire dall’analisi del caso Vesuviano e dei recenti terremoti che hanno colpito alcune aree del Centro Italia.
Per la prima volta nella sezione di approfondimento dei disastri anche la versione inglese!

Massimiliano Coviello:
Riti in emergenza. Il folklore nella gestione dei traumi sismici.

Silvia Jop:
Su “Lavoro Culturale”, alla vigilia dell’ottavo anniversario del terremoto dell’Aquila: proteggersi dai terremoti: riti in emergenza e memoria sismica. Di Giogg.

Stefano Ventura‎:
Su “Sismografie” – il focus al quale contribuisco su “Lavoro culturale” – c’è un articolo molto interessante scritto dal bravo studioso Giogg in cui si parla dei riti collettivi che hanno accompagnato le emergenze nel corso della storia. Da leggere!

Fabio Carnelli:
This is a first attempt to publish articles in English by “Sismografie”, the section focusing on risk and disaster within “Lavoro Culturale”, a human science blog edited by a growing network of Italian social scientists. The “Sismografie” section has collected more than 60 articles on risks and disasters issues over 5 years. Giuseppe Forino (University of Newcastle), Stefano Ventura (University of Siena) and me (University of Milano-Bicocca) feel the urgency to promote a knowledge exchange between international and Italian scholars around risks and disasters issues. Our goal is that of reaching a large audience and promoting a public debate by using academic research in an interdisciplinary and applied perspective on a blog.
Today, you will find an extendend abstract of the article by the anthropologist Giogg on emergency rituals and seismic memory in Central Italy.
You can also contribute to Sismografie by submitting your article (3 pages) which will have an extended abstract in Italian.
“Protecting ourselves from earthquakes: emergency rituals and seismic memory” by Giogg.

Radio MPA:
A Radio MPA abbiamo ospitato il Professore Giogg dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e, a partire dal suo articolo pubblicato su “Lavoro Culturale”, abbiamo parlato dell’importanza dei riti di emergenza e di commemorazione per le comunità che subiscono un terremoto o altri eventi disastrosi.

Simone Valitutto:
I riti del rischio, quelli di ieri e quelli di oggi. Un altro fondamentale tassello della comprensione dell’attuale a firma di Giogg.

Altre condivisioni sono in alcuni gruppi-Fb, ad esempio: qui, qui e qui. Infine, tra i commenti ricevuti, segnalo questo di Alessandro Chiappanuvoli:

Dalle arrostate comunitarie nei giorni immediatamente successivi al 6 aprile 2009 (riti sacrificali per forzato scongelamento, soprattutto di agnelli e pecore) al rito di commemorazione per eccellenza che si riconfermerà questa notte nella fiaccolata, quanto c’è di sacro anche dove non sembra apparentemente. Ottimo articolo. Bello averlo letto proprio in questo giorno.
(E che bello vedere tante persone taggate! Già siamo una piccola comunità che può muovere grandi passi. Attiviamo una mailing list per discutere insieme eventuali idee per costituire una rete o un gruppo di pressione?).

I riti in emergenza

I “riti in emergenza” sono dispositivi folklorici utili a riassorbire lo shock causato da un disastro e, allo stesso tempo, a tenere insieme la collettività dopo un trauma. L’esperienza di un medesimo modo di sentire, durante una crisi profonda, permette ai membri di una specifica comunità di pensare alla loro identità collettiva e di esprimerla secondo procedure che sono, appunto, culturali. Entro l’ampia categoria dei “riti in emergenza” vi sono molteplici tipologie rituali, spesso molto differenti tra loro: da quelle penitenziali e simboliche a quelle formali e propiziatorie, prendendo spesso la forma della processione, delle preghiere collettive o dei digiuni.
Come ho scritto altrove, i “riti in emergenza”

«sono, al contempo, cerimonia liturgica e manifestazione di socialità volte al contenere l’angoscia: un tentativo di dominare ciò che è indomabile, ma anche una modalità per esprimere il senso di shock, la rabbia, l’incredulità e il dolore. In altre parole, i riti in emergenza sono il modo in cui i sopravvissuti cercano conforto stringendosi gli uni agli altri al fine di restare uniti e vincere la disperazione e la disgregazione».

Ne ho studiati vari casi per quanto riguarda il Vesuvio, specie in occasione dell’eruzione del 1631, ma particolarmente noto, tra le esplosioni recenti, è il rito riportato da Norman Lewis in “Napoli ’44“, in cui descrive una singolare processione volta a fermare la colata lavica (di cui, tuttavia, nelle modalità esposte, non si hanno altre testimonianze):

«Su tutto dominava, un po’ per le dimensioni stesse e un po’ per la quantità di persone che ne sorreggevano il basamento fronteggiando l’eruzione, l’effigie di san Sebastiano. Imboccando una stradina laterale, tuttavia, ho scoperto un’altra statua, anch’essa circondata da molti devoti e coperta da un lenzuolo bianco. Uno dei carabinieri che perlustravano i dintorni a caccia di sciacalli mi ha detto che si trattava della statua di san Gennaro, fatta arrivare di nascosto da Napoli come ultima risorsa qualora tutto il resto fosse fallito. L’avevano coperta con un lenzuolo per evitare di offendere la confraternita di san Sebastiano e il santo stesso, che avrebbe potuto risentirsi per quell’intrusione nel suo territorio. Solo come estremo rimedio avrebbero portato allo scoperto san Gennaro, implorandolo di fare il miracolo. Il carabiniere non credeva che sarebbe stato necessario, perché secondo lui era evidente che la colata stava rallentando».

Presentati spesso come manifestazioni superstiziose, esternazioni dell’irrazionalità o dimostrazioni dell’impreparazione napoletana, in realtà, come osserva Jean Cazeneuve, i riti «quanto meno appaiono ragionevoli, tanto più rivelano la loro necessità». I “riti in emergenza” sono sia una forma di culto che un’espressione collettiva attraverso cui la comunità può riconoscersi in un percorso spaziale, come nelle processioni, e interiore, come nelle preghiere e litanie. Naturalmente, tali pratiche rappresentano anche di più, perché spesso rivelano un vero e proprio uso politico del disastro: osservarle significa aprire una finestra critica sulla dialettica che una determinata comunità ha saputo e voluto impostare con se stessa e col proprio ambiente. Dai resoconti d’epoca di determinate eruzioni vesuviane, ad esempio, tali riti sono esplicitamente approvati, se non sollecitati e organizzati, dalle gerarchie ecclesiastiche, tuttavia non mancano casi in cui i promotori sono stati gli amministratori e i politici (o, per la precisione, gli aristocratici), con una evidente strategia volta a radicarsi presso il popolo.

Gli ultimi mesi di scosse sismiche nell’Italia Centrale sono stati drammatici e spossanti, per cui le varie forme di religiosità emerse durante questo periodo andrebbero considerate sotto diversi punti di vista. Di seguito farò una breve carrellata di casi che mostrano la polisemicità del fenomeno.
All’indomani del terremoto del 30 ottobre 2016 molti abitanti di Ascoli Piceno si sono raccolti spontaneamente davanti alla cattedrale di sant’Emidio, rimasta chiusa per precauzione, per celebrare comunque la messa davanti al tempio di colui che è considerato il protettore dai terremoti. Lo stesso è accaduto a Norcia, dinnanzi alle macerie della basilica di san Benedetto. In quei giorni ne scrissi qui.
Nello stesso periodo, però, il ricorso al sacro non è emerso solo in modo “istintivo” o “impulsivo”, perché anzi è stato manifestamente sollecitato da figure specifiche, sia laiche che ecclesiastiche. Ad esempio, a Castel del Rio (Bologna) il sindaco Alberto Baldazzi ha inteso recuperare un rito risalente al 1725, quando furono tenute delle preghiere collettive dopo alcuni eventi calamitosi in zona, stabilendo che questo in futuro diverrà un appuntamento fisso (si chiamano “riti di commemorazione” e ne parlerò un po’ di più alla fine del post):

«ogni anno, in occasione dell’antivigilia di Ognissanti, ci sarà la Santa Messa nella chiesa di Sant’Ambrogio e la recita del rosario nell’oratorio della Beata Vergine del Sudore» (28 ottobre 2016).

L’altro giorno, invece, a Spoleto (Perugia) il vescovo Renato Boccardo ha invitato a digiunare durante tutta la giornata di venerdì 27 gennaio 2017 e poi ha indetto una processione penitenziale per l’indomani, sabato 28, intorno alle mura di Norcia con l’immagine della Madonna Addolorata estratta dai Vigili del Fuoco dalla chiesa di San Benedetto, crollata nel centro cittadino due mesi fa:

«nella tradizione cristiana il digiuno ha un posto molto importante e particolare: è una privazione che si offre per rendere gradita a Dio la preghiera. Non facciamo digiuno per raccogliere soldi, ma per chiedere al Signore, creatore dell’universo, di intervenire anche sulle forze della natura. Non è Dio che manda il terremoto: ma Lui, che ha dato origine al mondo, regolato poi dalle leggi della natura che fanno il loro corso, può intervenire per il bene del creato. Con questo gesto vogliamo allora chiedere al Signore di avere misericordia di queste popolazioni e di questa terra ferite dal terremoto. Sarà anche un momento che ci aiuta a capire l’essenziale e a renderci conto che non tutto quello che facciamo è necessario. […] Riporteremo l’immagine della Madonna, molto venerata a Norcia e invocata anche come protettrice dai terremoti] per qualche ora nella sua terra per chiederle protezione sulla gente della Valnerina e liberazione dalla persecuzione del sisma» (26 gennaio 2017).

Sempre in Umbria, la settimana scorsa, il presidente della Conferenza episcopale umbra e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, cardinale Gualtiero Bassetti, ha inviato un messaggio alle 600 parrocchie della regione perché domenica 29 gennaio ci si organizzasse per una preghiera corale, così da invocare

«il cessare dei terremoti e un tempo di serenità per tanti fratelli e sorelle provati dalle forze della natura. […] Il protrarsi del sisma che tormenta da mesi la nostra regione, specialmente la Valnerina, sollecita la nostra solidarietà e richiede la nostra preghiera» (26 gennaio 2017).

Se in futuro il “rito in emergenza” verrà riconosciuto come efficace e, dunque, se l’intervento divino verrà ritenuto decisivo per la risoluzione dell’evento drammatico, allora è possibile che nei prossimi anni tale miracolo verrà ricordato attraverso un rito simile, ma di natura piuttosto diversa: il cosiddetto “rito di commemorazione”. Questo va considerato innanzitutto come una forma di memoria collettiva di quanto accaduto, una vera e propria macchina per risalire il tempo, cioè un modo per selezionare il passato e ripresentificare solo ciò che è ritenuto esemplare.
Al momento non possiamo sapere se i “riti in emergenza” brevemente illustrati in questo post daranno effettivamente luogo a specifici “riti di commemorazione”, ciò verrà chiarito solo da una costante e puntuale osservazione etnografica. Tuttavia, se ciò accadrà, ci troveremo dinnanzi ad una pratica sociale che, svolgendosi ripetutamente, creerà un insieme di convenzioni e routine che, per questioni di convenienza ed efficienza, daranno l’illusione di una sua perennità ed immutabilità. In una parola: identità.

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INTEGRAZIONE del 28 febbraio 2017:
Cercando aggiornamenti sui “riti in emergenza“, in giro per il web mi sono imbattuto in varie preghiere cattoliche da recitare in tempo di calamità. Le riproduco di seguito:

Dal website “Preghiere per la famiglia“:

Preghiera nel tempo di terremoto
O Dio creatore, / noi crediamo che tu sei nostro Padre / e che ci vuoi bene / anche se la terra trema / e le nostre famiglie sono state sconvolte / dall’angoscia. / Non lasciarci soli nel momento della sventura. / Apri il cuore di molti nostri fratelli / alla generosità e all’aiuto. / A noi dona la forza e il coraggio / necessari per la ricostruzione / e l’amore per non abbandonare / chi è rimasto senza nessuno. / Così, liberati dal pericolo / e iniziata una vita nuova, / canteremo la tua lode.

In tempo di pubbliche calamità
O Gesù, Dio di pace, gettate uno sguardo di misericordia / su questa terra infelice; mirate quante lacrime si versano / nelle famiglie anche più innocenti. / Se avete scritto nei vostri decreti questo dolore, / ricordatevi che siamo figli, che per questo vi fermaste / in mezzo a noi sull’altare. / Pronunciate, o Signore, un’altra volta quella parola potente / che nel furore della tempesta fece tacere i venti, / ricompose le onde agitate, rese tranquillo e sereno il cielo. / Allora vedremo rifiorire questa terra e, mossi da viva gratitudine, / verremo al vostro altare per ringraziarvi con fede più viva, / più sicura speranza ed amore più riconoscente.

In tempo di tribolazioni
Vergine Santa, conforto degli afflitti e madre di consolazione, / a voi gridiamo dal fondo delle nostre tribolazioni: / Abbiate pietà di noi poveri infelici, che a voi la domandiamo. / O Maria, questo è il momento di mostrare, come è giusto il nome, / con cui vi invochiamo nostra madre. / Dimenticaste voi quelle ultime parole del vostro Gesù dalla Croce, / quella voce moribonda, quegli estremi sospiri, / coi quali a voi ci consegnava come figli? / O cara Madre udite il gemito di noi poveri peccatori sì, / ma figli vostri. Se voi non ci consolate, / a chi potremo noi domandare soccorso? / Deh voi dunque parlate di noi al vostro Gesù con quell’amore / che sempre lo vince. / Nel vostro seno deponiamo le nostre lacrime: / da voi aspettiamo la nostra consolazione; / e quando pure sapessimo che voi ce la negaste, / ancora rimarremo ai vostri piedi gridando: / Madre, consolateci, che siamo vostri figli.

Dal website “Ognissanti San Barnaba“:

Preghiera alla Madonna del terremoto
(A questa Madonna è dedicata una piccola chiesa di Mantova, in piazza Canossa, che «fu edificata nel 1754 a ricordo della protezione data dalla Madonna in occasione del terremoto del 1693»)
:
O beatissima Regina del cielo e della terra, / che mentre stavi sotto la croce di Gesù, tuo Figlio, / e la spada del dolore ti trapassava l’anima / per diventare la Madre di tutti i viventi, / hai sentito sotto i tuoi piedi tremare la terra, / soccorri i tuoi figli che gemono spaventati dal terremoto. / La terra rimbomba di un sordo boato, / attorno a noi crollano il presente e il passato / e le nostre anime smarrite si chiedono: / che cos’è l’uomo, perchè Tu, o Signore, te ne ricordi? / Fatto a immagine e somiglianza di Dio e circondato di gloria, / eppure ha divorato come un figlio dissoluto i doni del Padre, / ha tradito l’Amore di Gesù, ha spento lo Spirito Santo, / fino a meritare il castigo di Dio. / O Madre Santissima, piena di Grazia e di Misericordia, / intercedi per noi presso tuo Figlio: / prendi le nostre mani e guidaci a Lui, / perchè converta i nostri cuori e perdoni i nostri peccati. / Liberi dall’inquetitudine e dalla disperazione, / seguiremo la via della salvezza e canteremo / in eterno con te le meraviglie di Dio. / Amen

Dal website “Papaboys“:

Preghiera del cuore a Gesù Salvatore per tutte le famiglie coinvolte nel terremoto
(«Rivolgiamo questa preghiera al Signore del tempo e della storia, per tutte le popolazioni colpite dal terremoto del centro-Italia. Ti chiediamo Signore di avere pietà di tutti noi, di concedere conforto ai cuori di tutti coloro che sono in difficoltà e che vedono la propria casa di strutta. Per i bambini, per gli anziani e per tutti coloro che soffrono»)
O Dio creatore, noi crediamo che tu sei nostro Padre e che ci vuoi bene / anche se la terra trema e le nostre famiglie sono state sconvolte dall’angoscia / Non lasciarci soli nel momento della sventura. / Apri il cuore di molti nostri fratelli alla generosità e all’aiuto. A noi dona la forza e il coraggio necessari per la ricostruzione e l’amore per non abbandonare chi è rimasto senza nessuno. / Così, liberati dal pericolo e iniziata una vita nuova, canteremo la tua lode.

Dal website “Donna 10“:

Preghiere contro i terremoti: affidiamoci a Sant’Emidio d’Ascoli!
(«Ecco la preghiera che tutti dovremmo intonare, affinché Sant’Emidio ci protegga dal flagello dei terremoti»)
Sant’Emidio, accogli benigno la preghiera che fiduciosi ti rivolgiamo. Intercedi per noi presso il Signore affinché, a tua imitazione, la nostra fede, vivificata dalle opere, sia testimonianza di filiale amore a Dio e di fraterna carità per il prossimo. Spronati dal tuo esempio, promettiamo di vivere col cuore staccato dai beni della terra e disposti a sacrificare tutto pur di restare fedeli a Dio e alla Chiesa. Estendi su di noi, sulle nostre famiglie e sulla nostra città e diocesi la tua protezione affinché, preservati dal terremoto e da ogni altro flagello, possiamo trascorrere una vita quieta e tranquilla, tutta intesa a daregloria a Dio e a rendere più sicura la salvezza delle nostre anime.

Un video che raccoglie varie preghiere collettive dopo il sisma del 30 ottobre 2016:

385 anni fa, l’EMA vesuviano del futuro

Oggi ricorre il 385° anniversario della più grande eruzione vesuviana dell’ultimo millennio. Quell’evento del 16 dicembre 1631 cambiò il panorama e la rappresentazione di Napoli, diede avvio alla vulcanologia moderna e consacrò definitivamente san Gennaro patrono della città. In mattinata, infatti, ci sarà la prodigiosa terza liquefazione annuale del sangue del santo, mentre nel pomeriggio si terrà una rappresentazione storica presso il Museo del suo Tesoro. Ulteriori informazioni sono sulla pagina Fb “Rischio Vesuvio“:

Oggi, 385 anni fa, si ebbe la più grande eruzione vesuviana del secondo millennio, quella che diede avvio al più recente dei cicli eruttivi del nostro vulcano, conclusosi nel marzo del 1944. L’eruzione del 16 dicembre 1631, classificata “subpliniana” dagli scienziati, fu catastrofica: uccise almeno 4.000 persone (su una popolazione di circa 50.000 abitanti della fascia vesuviana), coinvolse 30 paesi, distrusse gli acquedotti (con grave crisi idrica per i sopravvissuti), decimò il bestiame e per anni i campi agricoli furono impraticabili. Con quell’esplosione cambiò non solo il comportamento del Vesuvio e la sua morfologia, ma anche l’atteggiamento che gli abitanti dell’area avrebbero avuto in seguito nei suoi confronti: il bisogno di capire quell’incredibile fenomeno della natura contribuì alla nascita della vulcanologia moderna, mentre la necessità di dargli una misura “gestibile” culturalmente favorì la definitiva consacrazione di san Gennaro come protettore di Napoli [1]. Quell’eruzione, inoltre, determinò anche un mutamento nella rappresentazione della città, che da allora, appunto, è ritratta adagiata sul golfo e col vulcano sullo sfondo a dominare la scena.
Ricordare l’eruzione del 16 dicembre 1631, tuttavia, non è semplicemente una forma di rispetto verso il passato, bensì un modo di pensare al futuro: negli ultimi anni, infatti, quello è stato ritenuto l’evento di riferimento [EMA: evento massimo atteso] per l’elaborazione degli attuali Piani di Emergenza e di Evacuazione. In altre parole, considerando l’attuale stato di quiescenza del vulcano, gli studiosi hanno calcolato che l’eruzione futura più probabile (di cui però ignoriamo il quando) potrebbe sprigionare un’energia simile a quella del XVII secolo.
D’altronde, il futuro è il tempo a cui si rivolse già il Viceré di Napoli nel 1632, quando a Portici fece erigere un’iscrizione di marmo che alcuni considerano la prima espressione di protezione civile della storia. Il cosiddetto “Epitaffio del Granatello”, infatti, invita i posteri (ovvero noi tutti) a fare attenzione al vulcano e a prepararsi per tempo, perché, quando si manifesta, la potenza del Vesuvio è incontrollabile: «Allora, se hai giudizio, presta ascolto a questa lapide eloquente. Non curarti della casa, non badare ai bagagli: Fuggi, senza alcuna esitazione!».
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[1] Dal punto di vista religioso, stamattina alle 9h00 si terrà una celebrazione liturgica in occasione del terzo miracolo annuale della liquefazione del sangue, presso la Cappella del Tesoro di san Gennaro. Nel pomeriggio alle 17h00, inoltre, presso il Museo del Tesoro di san Gennaro ci sarà una rievocazione storica dell’eruzione del 1631.

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L’immagine ritrae l’epitaffio eretto nel 1632 al Granatello di Portici, di cui si può leggere il testo e la traduzione QUI.

PS: l’acronimo “EMA” riportato nel titolo di questo post sta per “Evento Massimo Atteso“, che è l’espressione usata dalla Protezione Civile per riferirsi allo scenario eruttivo futuro più probabile, il quale, tuttavia, non è certo, perché l’evento massimo “possibile” potrebbe essere molto più forte.

Mario Tozzi e i duemila anni di Napoli con il Vesuvio

Ieri sera Mario Tozzi ha trasmesso una puntata di “Fuori luogo” dedicata a Napoli: “duemila anni con il vulcano“. Il famoso geologo gira per i vicoli del centro, sale a San Martino, poi scende nel sottosuolo della città e nel Cimitero delle Fontanelle, sempre con lo sguardo rivolto al Vesuvio, per raccontare il rapporto tra la città e il suo territorio.
Con un paio di esperimenti-simulazioni illustra efficacemente il funzionamento del vulcano, facendo intuire i suoi (pesanti) effetti su un’area che negli ultimi 70 anni è stata fortemente urbanizzata.
Inoltre intervista vari esperti, tra i quali Gennaro di Paola, straordinaria memoria storica delle Quattro Giornate e dell’ultima eruzione (peccato che in 2 minuti non si riesca a cogliere la profondità di un incontro con un tale personaggio).
Infine, al “piano di emergenza” sono dedicati gli ultimi 2 o 3 minuti (la puntata dura 64′) e Tozzi non vi si sofferma adeguatamente; tuttavia dice una cosa corretta: sarà un “piano di esodo”, perché non si potrà tornare a vivere (a breve) sui luoghi della prossima eruzione.

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Clicca sull’immagine per accedere allo streaming sul website della RAI.

La puntata si intitola “Fuori luogo Napoli: duemila anni con il vulcano“, dura 01h04’57” ed è andata in onda il 28/07/2015. “Mario Tozzi viaggia nei luoghi chiave per capire questo incontro e per spiegare come i cambiamenti del pianeta hanno determinato anche cambiamenti nel nostro modo di vivere“.

Altre trasmissioni televisive dedicate al Vesuvio sono elencate in questo post, nonché qui e qui.

Convivere col vulcano. Un’intervista sulla “vesuvianità” oggi

Cos’è rimasto dello “Sterminator Vesevo” nell’immaginario collettivo? A 70 anni dall’ultima eruzione del Vesuvio, ne ho parlato in quest’intervista di Ciro Teodonno:

“Il mediano”, 31 marzo 2014, QUI

L’ANTROPOLOGO VESUVIANO
Un’interessante intervista a chi scientificamente s’è occupato della logica rischio. Una lunga conversazione sull’essenza dei vesuviani e del loro mondo.
di Ciro Teodonno

Circa tre anni fa, per le strade della cittadina di San Sebastiano al Vesuvio, si aggirava una figura armata di macchina fotografica e registratore.
Per mesi, incuriosendo i più e turbando qualche malpensante dalla coscienza sporca, ha studiato la realtà locale e le sue peculiarità vulcaniche, ma dal punto di vista antropologico, regalandoci una visione razionale di quello che siamo al di fuori di ogni tipo di luogo comune. Quell’antropologo è Giogg, sorrentino di nascita, cosmopolita per vocazione ma vesuviano d’adozione; con la sua tesi di dottorato, sul concetto del rischio vulcanico ci ha scrutati come nessuno ha forse mai fatto e a lui, oggi, per il settantesimo dell’ultima eruzione, chiediamo lumi su di noi e il nostro Vulcano
. […]

CONTINUA QUI (oppure QUI)

Memorie dell’eruzione vesuviana del 1944

Dopo, molto dopo, la memoria trasforma la visione di quell’evento in uno spettacolo affascinante, tuttavia non sembra riuscire ad intaccare il ricordo del rumore, che resta spaventoso.

«Io mi ricordo, tenevo sei anni, stavo a Ercolano e la sera s’illuminava di più… Hai visto i fuochi artificiali quando si aprono in cielo? Ecco, così faceva ‘o Vesuvio, proprio come fosse ‘o fuoco pirotecnico! Era bello!» (Donna, 76 anni, San Sebastiano al Vesuvio, 12 marzo 2011).

«La lava scorre piano piano, ma nei giorni precedenti non era successo niente. Si vedeva quando il Vesuvio buttava fuoco, si vedeva da Napoli, come una cascata di fuoco. Era bello! Era troppo bello!» (Uomo, 84 anni, Massa di Somma, 7 aprile 2011).

«Fece nu scoppio enorme… tremava tutta la casa, la terra… tremava tutto cose… Io mi ricordo che era di notte, ero piccola, ero signorinella… e mi ricordo che mi affacciavo da casa mia e vedevo quando la lava scendeva nelle cisterne con l’acqua. Mamma mia, e che spavento! Faceva uno scoppio proprio terribile! Io, poi, ero paurosa… chi aveva mai visto? E dicevo a mia madre: “Andiamocene, andiamocene!”. Comunque, era troppo spaventoso e si sentiva sempre che sparava il vulcano: lo faceva una continuazione. Ma era terribile quando andava nei pozzi!» (Donna, 92 anni, San Sebastiano al Vesuvio, 12 marzo 2011).

Queste sono alcune delle testimonianze che ho raccolto qualche anno fa. Ciro Teodonno, invece, si è focalizzato (in due articoli) sulle cronache riportate dai giornali del tempo:

“Il mediano”, 18 marzo 2014, QUI (o qui)

MARZO 1944
Un’analisi delle cronache dell’epoca, per intendere i fatti che videro protagonista il Vesuvio e la sua gente settant’anni fa.
di Ciro Teodonno

Abbiamo deciso di ripercorrere, a settant’anni dall’ultima eruzione, i fatti che la contraddistinsero, facendo una sorta di cronistoria degli eventi che nel marzo del 1944 colpirono il Vesuviano.
Abbiamo deciso di seguire, attraverso la cronaca dei giornali dell’epoca, la furia del Vulcano; le passioni e le vicissitudini di chi visse, in quei frangenti, lo scontro tra natura e storia, quelli che furono posti da quest’ultima in quarta pagina, perché le notizie di una guerra ancora in atto non permettevano attenzione maggiore o perché, l’ira del Vulcano, era probabilmente considerata un fenomeno naturale e non un evento catastrofico e inusitato, come spesso oggi li definiamo.
Abbiamo utilizzato, in buona parte, le pagine del Risorgimento, il quotidiano che, in quei duri anni di guerra, riuniva le testate de
Il Mattino, Roma e Il Corriere di Napoli, dopo la confisca delle testate da parte degli alleati e che fu edito dall’ottobre del 1943 fino all’ottobre del 1950. Il periodo preso in esame è quello dell’eruzione che va dal 18 al 29 marzo del ’44 (anche se il periodo di riposo inizia ufficialmente il 7 aprile). Infine i luoghi prescelti non potevano che essere San Sebastiano e Massa, quelli più colpiti dalla lava del ’44.
Ci piacerebbe però iniziare con una panoramica su quello che fu l’evento eruttivo in sé, e vorremmo farlo con documenti apparsi in buona parte solo sul
Risorgimento, scritti dall’allora direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe Imbò. Quello che segue è quindi il suo resoconto, contemporaneo ai momenti dell’eruzione, non un documento successivo, come è più facile riscontrare altrove, ma la viva testimonianza dello scienziato davanti alla forza della natura. Nella stesura abbiamo rispettato il testo dell’epoca e messo tra parentesi le parole illeggibili e da noi desunte.

CONTINUA QUI (o qui)

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“Il mediano”, 19 marzo 2014, QUI (o qui)

1944: CRONACHE DELL’ERUZIONE
San Sebastiano al Vesuvio e i paesi vesuviani nelle cronache dell’eruzione del marzo 1944.
di Ciro Teodonno

Sulla linea di quanto già detto nel precedente articolo focalizziamo ora l’attenzione sui centri abitati di San Sebastiano e Massa di Somma, colpiti della colata lavica nell’ultima eruzione vesuviana.
I due centri, rispetto agli altri paesi colpiti, sono quelli, che nella sfortuna del cataclisma, hanno ottenuto maggiore attenzione e non solo dalla stampa ma anche dalla letteratura e su tutti spiccano i nomi di Norman Lewis e Curzio Malaparte che in Napoli “44 e ne La Pelle, lasciano pagine memorabili di quegli eventi e di quei luoghi. Quelli che seguono sono invece degli estratti dal Risorgimento e da La Stampa di Torino, che all’epoca veniva pubblicata nella penisola iberica, in grassetto, a chiosa, i commenti del redattore
.

CONTINUA QUI (o qui)

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AGGIORNAMENTO del 25 marzo 2014:
Il website dell’Osservatorio Vesuviano ha una pagina dedicata al ricordo dell’eruzione del 1944 della signora Francesca Sforza di Pagani (nata nel 1929): QUI (e qui).

A settant’anni dall’ultima eruzione: un’intervista (o quasi) sull’odierna situazione vesuviana

Il rischio Vesuvio è un argomento complesso, con mille sfaccettature; non è semplice fornirne un quadro esaustivo, soprattutto sul web, dove si è sempre molto brevi e troppo veloci. Ne ho discusso con Simona Ciniglio, la quale ne ha scritto un articolo focalizzato sul ruolo dei mass-media nella costruzione sociale di questo specifico rischio.

“Corso Italia News”, 17 marzo 2014, QUI

RISCHIO VESUVIO: A SETTANT’ANNI DALL’ULTIMA ERUZIONE I DANNI MAGGIORI SONO DI NATURA UMANA
Tra letteratura, (dis)informazione e bufala: siamo tutti potenzialmente partecipi del rischio Vesuvio
di Simona Ciniglio

Come sempre, la plebe attribuiva a quell’immane flagello un significato di punizione celeste, vedeva nell’ira del Vesuvio la collera della Vergine, dei Santi, degli Dei del cristiano Olimpo, corrucciati contro i peccati, la corruzione, i vizi degli uomini. E insieme col pentimento, con la dolorosa brama di espiare, con l’avida speranza di veder puniti i malvagi, con l’ingenua fiducia nella giustizia di una così crudele e ingiusta natura, insieme con la vergogna della propria miseria, di cui il popolo ha una triste consapevolezza, si svegliava nella plebe, come sempre, il vile sentimento dell’impunità, origine di tanti atti nefandi, e la miserabile persuasione che in così grande rovina, in così immenso tumulto, tutto sia lecito, e giusto”.
Nel bellissimo e insostenibile romanzo “La Pelle” di Curzio Malaparte, l’orrore e la devastazione legati all’eruzione del Vesuvio del 1944 fungono da estrema oggettivizzazione e castigo per la pestilenza morale che ammorbò la Napoli dell’occupazione alleata americana, un inferno di vizio e vergogna, strascico di disumanità della seconda guerra mondiale.
Le parole di poesia atroce, che attingono parzialmente alla fantasia dello scrittore, sono tra i migliori risultati di mistificazione dei fatti occorsi durante quell’eruzione e, in generale, rappresentano uno splendido esempio di retorica volta a far luce sui molteplici aspetti della natura umana, ciò che fa dell’osservazione della realtà materia letteraria
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CONTINUA QUI (o al primo commento in basso: QUI)

Il solito accostamento tra natura dei suoli e natura umana

Siamo alla vigilia del 70esimo anniversario dell’ultima eruzione vesuviana. Oggi Erri De Luca ne ha scritto un ricordo personale su “Repubblica”, a cui è affiancato un bellissimo disegno di Gipi:

Gipi, “Vesuvio”, in “La Repubblica”, 9 marzo 2014

Il testo di De Luca è da leggere, sebbene con la dovuta tara alle invenzioni poetiche e ai troppo facili accostamenti tra natura dei suoli e natura umana. La sua letteratura ha spesso vene nostalgiche, il suo stile mi sembra che prediliga il tempo imperfetto: può piacere o meno, ma è il suo, riconoscibile e, evidentemente, di successo. Quando, però, si ha a disposizione un’intera pagina di uno dei principali quotidiani nazionali e si scrive di un fatto storico ritengo che si debba evitare l’eccesso di metafora. Io, ad esempio, ho delle grosse difficoltà con questo passaggio: «Così è anche il carattere della gente locale, il suo sistema nervoso dipende dalla geologia. La loro residenza in terra non è da proprietari, ma da inquilini sotto minaccia di sfratto».

“La Repubblica”, 9 marzo 2014

L’intero articolo di Erri De Luca è QUI (oppure alle pagine 4 e 5 di questo pdf) (o, ancora, al primo commento qui in basso, cui segue anche una discussione tra amici su fb).

Il Vesuvio televisivo

Stamattina cercavo una citazione sul web (l’indimenticabile “L’eruzione del Vesuvio? Mi è mancata solo quella, ma non sarebbe una grande disgrazia“, dell’eroico Guido Bertolaso: qui) e in qualche modo mi sono imbattuto in una pagina dell’Archivio Rai su una puntata di “Sciuscià” dedicata al rischio vesuviano: “Vivi per miracolo”, andata in onda il 20 aprile 2000 e, in replica, il 31 agosto 2000. Purtroppo non è disponibile lo streaming, ma solo la descrizione della puntata:

“Vivi per miracolo è il titolo del quinto appuntamento di Sciuscià, il programma di Michele Santoro. Sono pazzi questi vesuviani? Quale follia li spinge a continuare a costruire le loro case sulle pendici di un vulcano che, dicono gli esperti, potrebbe esplodere in qualsiasi momento? Gli scienziati cercano di leggere i segni premonitori di una eruzione che, a differenza di quella del 1944 quando il Vesuvio era pochissimo abitato, investirebbe oggi 700 mila persone. La protezione civile tenta di sperimentare piani di evacuazione che nella realtà sarebbero di ben difficile attuazione. Ma loro, i protagonisti, da SSV a MdS, rispondono che non se ne andrebbero per tutto l’oro del mondo. E anzi costruiscono ancora case – nonostante il parco – sempre più su, sempre più vicino al cratere. Perché non sanno dove andare, per un misto di fatalismo e ignoranza, ma anche perché l’abusivismo è un affare che non si può mollare. E all’ombra del Vesuvio l’illegalità è ancora l’industria più florida. La camorra che dà lavoro per costruire l’enorme distesa di cemento è la stessa che recluta giovani per lo spaccio di droga e detta legge nei quartieri di Ercolano, mentre un patrimonio culturale ed ambientale unico al mondo non riesce a imporsi come una ricchezza di tutti. Il reportage è di Francesca Cersosimo e Paolo Mondani, le riprese di Peppe Ronca e Massimo Gabrielli, il montaggio è curato da Paolo Carpineta“.

A questo punto, preso dalla curiosità, ho cercato direttamente nell’Archivio Rai attraverso la parola-chiave “Vesuvio”. Ecco i link ai video disponibili, organizzati per temi e cronologicamente:

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VULCANOLOGIA e RISCHIO VESUVIANO

Trasmissione: GEO&GEO
Puntata/Servizio: VESUVIO
Autore/Autrice: Felice Farina
Data: 18-03-2010
Durata: 20’30”
Descrizione: La montagna, il simbolo di Napoli e dell’intera Campania: un luogo storico e magico che l’uomo teme e rispetta.

Trasmissione: NEAPOLIS
Puntata/Servizio: VESUVIO VIRTUALE
Autore/Autrice: Antonella Fracchiolla
Data: 16-04-2010
Durata: 02’56”
Descrizione: Mostra “Pompei e il Vesuvio: scienza, conoscenza ed esperienza” allestita nell’area archeologica di Pompei [dal 30 marzo al 1° agosto 2010: qui], in collaborazione con il corso di laurea in “Attività di protezione civile” di Foligno [qui].

Trasmissione: TG3
Puntata/Servizio: SARÀ COSTRUITO VICINO AL VESUVIO IL PIÙ GRANDE OSPEDALE DEL SUD
Autore/Autrice: Fabrizio Feo
Data: 21-04-2010
Durata: 01’23”
Descrizione: Preoccupazioni intorno all’edificazione di un enorme ospedale nella zona est di Napoli, a pochi metri dalla “zona rossa”. [Il costruttore: Astaldi].

Trasmissione: AGORA’
Puntata/Servizio: LE TRAPPOLE DEL VESUVIO
Autore/Autrice: Federico Ruffo
Data: 29-10-2010
Durata: 28’56”
Descrizione: L’inviato Federico Ruffo nel suo reportage ha raccontato la vita degli abitanti della zona del Vesuvio e dei pericoli che corrono, in case spesso abusive e costruite in zone a rischio in caso di eruzione. Rischio di cui i cittadini non sono coscienti tanto da non conoscere nemmeno il piano di evacuazione. Né loro né i Sindaci dei Comuni coinvolti, che continuano a non fare nulla per combattere l’abusivismo nella zone più a rischio. Per non parlare delle carenze della Protezione civile, che ha rifiutato l’invito in trasmissione. In studio hanno dibattuto del problema il professor Giulio Zuccaro, direttore del Centro Studi Plinius che studia l’impatto di fenomeni naturali come terremoti ed eruzioni sull’uomo e sull’ambiente urbano, Clemente Mastella, europarlamentare Pdl e Segretario dei Popolari per il Sud e Angelo Bonelli, presidente della Federazione dei Verdi.

Trasmissione: RADIO 3 SCIENZA
Puntata/Servizio: IL GIGANTE ADDORMENTATO
Autore/Autrice: Vari
Data: 17-05-2011
Durata: 27’00” ca.
Descrizione: Per ora continua a fare da sfondo alle cartoline del golfo di Napoli. Ma un giorno il Vesuvio potrebbe ridestarsi, e nessuno sa quanto brusco sarà il risveglio. Interviste a due vulcanologi: Giuseppe Mastrolorenzo e Warner Marzocchi.

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IMMONDIZIA e DISCARICHE

Trasmissione: TG3
Puntata/Servizio: TENSIONI NEL NAPOLETANO TRA COMITATI ANTI-DISCARICHE E POLIZIA
Autore/Autrice: Francesca Ghidini
Data: 05-06-2010
Durata: 01’15”
Descrizione: Tornano le tensioni nel napoletano tra comitati anti-discariche e polizia. Dopo gli scontri della notte scorsa tra manifestanti e forze dell’ordine a Terzigno – nel parco del Vesuvio – la tensione è ancora alta.

Trasmissione: TG3
Puntata/Servizio: UNA DISCARICA NEL PARCO DEL VESUVIO
Autore/Autrice: Giusy Sansone
Data: 26-07-2010
Durata: 01’34”
Descrizione: Inchiesta del Tg3 in una delle Riserve Naturali più importanti e più compromesse d’Italia. Nella zona protetta del Parco del Vesuvio una discarica mette a rischio i raccolti di centinaia di agricoltori e i residenti sono costretti a convivere con la puzza e i disagi.

Trasmissione: TG1
Puntata/Servizio: TERZIGNO, EMERGENZA RIFIUTI
Autore/Autrice: Francesca Ghidini
Data: 25-09-2010
Durata: 01’22”
Descrizione: Alcuni cittadini hanno fermato due mezzi compattatori che stavano uscendo dalla discarica, tra Via Panoramica e Via Zabatta, e li hanno dati alle fiamme. A Terzigno, che si trova alle falde del Vesuvio, sorge infatti una delle discariche più grandi della provincia napoletana. La protesta è contro la seconda discarica nel parco del Vesuvio. Cumuli di rifiuti anche a Napoli dove il questore ha annunciato che i mezzi usciranno scortati.

Trasmissione: TV7
Puntata/Servizio: IL PARCO DELLA “MONNEZZA”
Autore/Autrice: Alessandro Gaeta
Data: 04-10-2010
Durata: 07’15” (da: 01’30” a: 8’45”)
Descrizione: L’emergenza rifiuti a Napoli: nel servizio degli inviati di Tv7 il racconto di una notte di rabbia e disperazione degli abitanti di Terzino e Boscoreale, nuovo fulcro della protesta, contro una vecchia e una nuova discarica nel Parco del Vesuvio.

Trasmissione: TG3
Puntata/Servizio: FUOCHI E BARRICATE CONTRO LA DISCARICA
Autore/Autrice: Romolo Sticchi
Data: 18-10-2010
Durata: 01’28”
Descrizione: A Terzigno barricate e scontri tra polizia e manifestanti contro l’apertura della seconda discarica nel parco del Vesuvio.

Trasmissione: TG3
Puntata/Servizio: LA RIVOLTA NON SI FERMA
Autore/Autrice: Romolo Sticchi (con Carlo Ruggiero)
Data: 12-12-2010
Durata: 01’27”
Descrizione: Non si ferma la rivolta degli abitanti del Parco del Vesuvio contro rifiuti e discariche. Nella notte nuove tensioni con la polizia a Terzigno. Intanto le strade di Napoli sono ancora piene di immondizia.

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LEGALITA’ e ANTICAMORRA

Trasmissione: TG2 STORIE – RACCONTI DELLA SETTIMANA
Puntata/Servizio: CENTO PASSI DAL VESUVIO
Autore/Autrice: Gabriele Lo Bello
Data: 21-11-2010
Durata: 12’20” (da: 01’30” a: 13’50”)
Descrizione: Nella settimana in cui si festeggia la cattura del boss dei Casalesi, Antonio Iovine, Tg2 Storie vi racconta l’avventura di tre emittenti anti-clan: Radio Siani ad Ercolano, Radio Onda Pazza -dedicata a Peppino Impastato- a San Giovanni a Teduccio e la giovane Radio Sca, appena nata a Scampia.

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PS: beh, direi che per ora manca solo il link allo sceneggiato “L’ombra nera del Vesuvio”.
PPS: e chissà cosa riservano le Teche Rai!

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AGGIORNAMENTO (del 19 settembre 2013):
Nel giugno 2013 «Radio 3» ha dedicato quattro trasmissioni intitolate “L’impensabile. La prossima eruzione del Vesuvio“, a cura di Fosco D’Amelio, riascoltabili in podcast: uno, due , tre e quattro. (Anche tra i commenti: QUI).

La pelle, Curzio Malaparte

Chi consiglia i libri si aspetta che l’altro possa cominciarne immediatamente la lettura. Purtroppo non è sempre così, almeno nel mio caso. Solo ora, infatti, dopo molti mesi da quando m’era stato consigliato da un prof, sono riuscito a trovare La pelle di Curzio Malaparte (ristampato lo scorso autunno da Adelphi) e ad affrontarne le pagine. In particolare, i capitoli La pioggia di fuoco e Il Dio morto sono una descrizione dell’eruzione vesuviana del 1944 e della sua successiva entrata in quiescenza la cui narrazione è semplicemente potente. Molte frasi sarebbero da citare, sia nella stesura finale della ricerca che durante le interviste ai più anziani. Probabilmente farò un elenco di quelle più evocative.

Intanto ricordo che:

  • Stas’ Gawronski vi ha dedicato una puntata di CultBook (su YouTube, 7’52”);
  • un’analisi interessante è proposta da Verena Lindtner in Il Vesuvio – un vulcano nella letteratura e nella cultura (su GoogleBooks);
  • tra le interpretazioni citate da Lindtner, è da segnalare un saggio di Gianni Grana: Curzio Malaparte (del 1961) (su GoogleBooks).

 

Infine, altre informazioni da tenere a mente sono:

  1. il film diretto da Liliana Cavani nel 1981, La pelle, con Marcello Mastroianni (nei panni di Curzio Malaparte), Burt Lancaster (che interpreta il generale Clark) e Claudia Cardinale: su Wikipedia;
  2. la biografia di Malaparte: su Wikipedia;
  3. la trama del romanzo La pelle: su Wikipedia.