Exodus

Leggere “Il mediano” è utile ed interessante. Lo scorso 12 dicembre 2010 un articolo di Ciro Teodonno, “Cos’è il “Progetto Vesuvio”?“, ha riferito dell’idea di Girolamo Vajatica e della sua associazione di trasferire i 18 comuni vesuviani in luoghi più sicuri. Leggere di questo progetto (o “piano di emergenza”, “piano di evacuazione”, “piano di prevenzione”) e, soprattutto, delle reazioni è uno stimolo alla riflessione sul rapporto tra spazio abitato e spazio immaginato o percepito.
Questa che a me pare essenzialmente una provocazione intellettuale più che un progetto concreto, finora ha avuto vari e importanti interlocutori, come Raffaele La Capria (“Il sonno della montagna“, o qui) e Gerardo Marotta (che ha ospitato Vajatica presso l’Istituto Italiano di Studi Filosofici).
Ecco il primo articolo, altri (cronologicamente precedenti) sono tra i commenti:

Il sogno, solo all’apparenza utopico, di Girolamo Vajatica, professore di filosofia napoletano, ha già al suo attivo numerosi ed eccelsi sostenitori, come ad esempio lo scrittore Raffaele La Capria, che ha anche trattato a suo tempo l’argomento sulle pagine de Il Mattino; Gerardo Marotta che lo ha ospitato presso l’Istituto italiano di filosofia; la stessa Unione Europea che ha a sua volta risposto positivamente alle sue interpellanze, a testimonianza della validità del progetto e delegando al governo italiano la facoltà di decidere a riguardo.
Allo stato attuale però, come sottolineato nei precedenti articoli, non v’è riscontro alcuno da parte delle autorità e permane la reale utopia di un piano d’evacuazione con funzioni più apotropaiche che pratiche.
Il professore, pur se di formazione umanistica, è però persona tutt’altro che teorica è fonda la sua pragmatica nel presupposto che, almeno al momento, l’unica cosa certa alla luce del sole, sembra essere la calma del gigante, che non lascia presagire alcun sussulto immediato.
Per ciò, sostiene il professore, è opportuno permettere, in maniera del tutto distinta dal piano d’evacuazione (che presuppone un rischio vulcanico imminente e che lui giudica complementare al progetto), un lento e regolare fluire della popolazione vesuviana e del suo mondo verso un’area più sicura e relativamente vicina.
L’area individuata è nel casertano, delimitata grosso modo a nord dal Volturno e a sud dai Regi Lagni, toccando i comuni di Castel Volturno, Cancello Arnone, Grazzanise, Santa Maria la Fossa, Casal di Principe, San Tammaro. Qui sarebbe possibile, seguendo le regole di una nuova urbanistica e dell’eco-compatibilità, creare una nuova città, dove magari i quartieri possano avere i nomi dei paesi d’origine e dove i cittadini potrebbero mantenere il loro viscerale contatto con il luogo d’origine andandoci a lavorare. Sì, perché i diciotto comuni della zona rossa andrebbero a perdere il loro ruolo prevalentemente residenziale e acquisirebbero una ragion d’essere più produttiva, privilegiando finalmente una vocazione ricettiva e agricola fin troppo vituperata da un urbanizzazione selvaggia.
La visione generale, a detta dell’architetto Gerardo Perillo, membro anch’egli dell’associazione, vedrebbe l’abbattimento di quegli edifici che come bubboni infetti sono cresciuti in maniera spropositata, deformando i pregevoli centri storici del Vesuviano. Così facendo si creerebbe un circolo virtuoso tale da incentivare un’economia finalmente virtuosa ed esaltando un turismo che ormai, da tempo immemorabile, è in decadenza.
In realtà bisogna dire che l’idea dell’Associazione “Progetto Vesuvio” non pretende il primato dell’originalità e dell’esclusiva, essendo, già in passato, stato teorizzato e attuato in tal senso.
Molti infatti ricorderanno i bonus, offerti dalla regione Campania per incentivare il deflusso dalla zona rossa, e che non hanno certo sortito l’effetto desiderato di decongestionare la zona.
Il semplice quanto fondamentale intento di “Progetto Vesuvio” e del prof. Vajatica è quello di spopolare, nel lungo periodo, tutta l’area vesuviana e non solo gli affittuari accompagnati dai loro magri 30.000 € di incentivo.
Altro progetto dal simile intento è quello della CONFINDUSTRIA di Caserta, che ha immaginato parimenti di evacuare il Vulcano, smistando però la popolazione in più zone della Campania. La pur lodevole iniziativa ha, secondo noi, la pecca di scindere definitivamente il legame tra i vesuviani e il loro territorio, disperdendo quei valori e tradizioni che ne caratterizzano l’essenza; il fatto poi che esista un’ovvia connessione tra progetto e mondo industriale, ci sembra essere un po’ troppo vincolante, perché promosso da un contesto, sì importante ma limitato rispetto alle tante parti che compongono la nostra società.
Contrariamente, l’Associazione “Progetto Vesuvio”, oltre ad essere rappresentativa di tutte le forze positive del territorio all’ombra del Vesuvio, ha l’esclusiva caratteristica di terminare (sciogliersi) nel momento in cui vi sia il concreto passaggio alla fase esecutiva della creazione di una nuova città vesuviana.
Il progetto è quello unico di smuovere le coscienze da quel torpore fatalistico e di sussidiarietà che le caratterizza a queste latitudini e di indirizzarle verso quella pratica attuazione di intenti e di idee che ci distinguerebbe finalmente per le nostre qualità innate e non per il male che ci attanaglia e purtroppo ci precede su, ben oltre il Garigliano.

Altri articoli e reazioni al “Progetto Vesuvio” sono tra i commenti.
Tra gli altri, segnalo:
Ciro Teodonno, IL DESTINO DELLA CITTÀ VESUVIANA (qui)
– Ciro Teodonno, LE LECITE DOMANDE DI CHI VIVE ALL’OMBRA DEL VESUVIO (qui)
– Antonio La Gala, COME ANTICIPARE LO STERMINATOR VESEVO (qui)
– Ciro Teodonno, IL PUNTO DI VISTA DI UGO LEONE SUL PROGETTO VESUVIO (qui)
– Ciro Teodonno, L’OPINIONE DI ALDO VELLA SUL “PROGETTO VESUVIO” (qui)
– Ciro Teodonno, L’OPINIONE DEL VULCANOLOGO GIUSEPPE LUONGO (qui)
– Ciro Teodonno,
L’OPINIONE DI LUONGO SUI CAMPI FLEGREI (qui)
– Ciro Teodonno, L’OPINIONE DI GIUSEPPE CAPASSO (Presidente della Comunità del Parco) (qui)
– Ciro Teodonno, IL PROGETTO VESUVIO DI ENZO CORONATO (Confindustria Caserta) (qui)
– Angelo Lomonaco, «CHI VIVE A NOLA VA IN VAL D’AOSTA». DOVE FUGGIRE SE ERUTTA IL VESUVIO (“Corriere del Mezzogiorno”, 14 dicembre 2013, qui)

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AGGIORNAMENTO del 14 febbraio 2014:
E’ stata approvata la nuova tabella dei gemellaggi tra i comuni vesuviani e le regioni d’Italia.
Ne ho scritto QUI.

Luoghi sacri e autocad

Il web-giornale “Il mediano” fornisce informazioni interessanti sull’attualità di SSV e dell’area circostante. Stamattina ho letto del recente annuncio da parte del sindaco della costruzione di una nuova chiesa.
L’articolo è di Ciro Teodonno e si intitola “Approvata la cessione del suolo per la costruzione di una nuova chiesa” (29 dicembre 2010):

Intenso consiglio comunale ieri sera a SSV, a maggioranza si è deciso che un terzo della Parco Urbano sarà donato alla Curia per la costruzione di una nuova struttura religiosa.
L’esordio è del sindaco, Giuseppe Capasso, il quale illustra le necessità di una nuova chiesa nella cittadina vesuviana. L’antica parrocchia, elevata al rango di santuario, ormai non contiene più i fedeli delle messe domenicali e ci si affida da tempo alla tendostruttura in via Falconi. Lo spazio ceduto alla chiesa sarà un terzo dei 18.000 m² del Parco Urbano, in via Panoramica Fellapane e prevede, oltre agli edifici di culto anche altre strutture di aggregazione tra cui un auditorium. Quello che più ci colpisce sono però le parole del primo cittadino che auspicano nella costruzione di un opera da lasciare ai posteri, ma non s’è capito se pensava a qualcosa che ricordasse il suo operato o quello patrimonio di tutto il tessuto sociale che compone il comune.
La discussione è stata viva ma corretta e non sono mancati spunti interessanti. L’opposizione, rappresentata da Rifondazione Comunista e Socialisti, ha fatto sentire la sua opinione che poi ha sostenuto col voto contrario all’emendamento, che cederà i 6000 m² del luogo pubblico alla chiesa. Le obiezioni sono state tante e se ne è fatto per primo vettore il consigliere del PRC Eugenio Giordano ribadendo l’importanza dell’informazione, la comunicazione e l’ascolto della cittadinanza, troppo spesso lasciata ai margini della cosa pubblica. Il consigliere fa sua anche l’istanza del Forum dei Giovani, neo-costituita associazione locale. Il Forum sostiene che “la Villa Comunale non è solo una struttura, ma un simbolo di laicità, uguaglianza, libertà, accoglienza ed opportunità”.
Il parco, in effetti, pur se chiuso per mancanza di personale la maggior parte dell’anno, è un importante luogo di aggregazione e ha permesso lo svolgimento di importanti manifestazioni, entrate nella consuetudine sansebastianese, come ad esempio la rassegna cinematografica estiva. Il timore che questo venga, se non bloccato, limitato è stato chiaramente espresso da chi si è opposto alla decisione.
Altra voce discordante è stata quella del Partito Socialista, nelle vesti del decano della politica locale Michele Capasso che, pur ribadendo la necessità di un nuovo edificio di culto, più consono alle necessità attuali, ha ribadito inopportunità del luogo prescelto. Ha inoltre sottolineato il fatto, non secondario, di dover decidere su un progetto non ancora chiaro ma con vincoli alla costituzione di parcheggi, previsti, sembra, nella misura minima consentita.
Il consigliere Capasso, oltre a mettere in evidenza le limitazioni culturali presenti in un luogo che acquisirà una palese connotazione religiosa, ha specificato, in contraddizione a quanto sostenuto dall’amministrazione, l’assenza di vincoli edilizi per i terreni della Curia in via Flauti, perché dunque donare parte della villa per la costruenda chiesa? In chiusura di una discussione alla quale hanno partecipato anche il presidente del Consiglio Comunale Raffaele Aratro, i consiglieri Addeo, Gallo e l’assessore Sannino, il sindaco ha auspicato che il nuovo edificio possa essere un domani dedicato a Santa Maria alla Vetrana come l’antica chiesa distrutta dalla furia eruttiva del Vesuvio.
Il cronista non è avulso dal contesto, si è per ciò convinto che sarebbe stata più plausibile e necessaria la costituzione di un centro polifunzionale, aperto a tutte le idee, tutte le confessioni, aperto al libero confronto e pur riconoscendo alla chiesa cattolica un ruolo fondamentale per l’aggregazione giovanile, non si capisce il perché questa debba essere l’unica ad operare in tale contesto. Il comune di SSV ha scelto la strada del campanile e non quella del foro, inteso come luogo di confronto di tutte le parti sociali senza la prevalenza dell’una sull’altra.
Agendo differentemente avrebbe potuto senz’altro lasciare quell’impronta nella storia locale che il sindaco tanto auspicava, sarebbe stata di sicuro una scelta diversa, una scelta civica e dallo spessore non solo locale.

Si tratta di una notizia molto importante ai fini del mio studio: tra spazio sacro e spazio profano il rapporto è tanto stretto quanto ampia è la loro distanza concettuale; inoltre ciò che lascia intendere l’autore è l’ambizione del primo cittadino a lasciare una sua impronta (probabilmente alle prossime elezioni comunali il suo mandato non potrà essere rinnovato), proprio come suo padre prima di lui è considerato il ri-fondatore del paese.

Tra i commenti: le osservazioni dei lettori del “Mediano” e alcuni aggiornamenti.