Come ho già scritto altre volte, per una ampia gamma (pseudo)giornalistica il Vesuvio è una notizia bomba (spesso lo “pseudo” è concreto: specie sul web, girano siti che sembrano giornalstici ma non hanno alcuna credenziale, almeno formale): tutto ciò che conta per questo tipo di informazione è il titolo, sufficientemente clamoroso da indurre un click, da cui discende il resto, che è ciò che davvero conta per loro: aumento dell’audience, dunque della pubblicità e degli introiti economici. Da qualche giorno, in questa schiera va inserito anche l’ “Huffington Post Italia“, che con un articolo imbarazzante è riuscito a non dire alcunché in merito a ciò che il titolo prometteva (ma, come dirò, è l’intera notizia ad essere stata coperta in maniera inadeguata e incompetente da numerosi organi d’informazione, anche riconosciuti).
In meno di quindici righe viene trattato (omettendo nomi e confondendo ambiti) un argomento ritenuto grave se, nel testo stesso, viene specificato che riguarda «un’area fortemente a rischio, dove vivono oltre tre milioni di persone». Nel brano, firmato dalla Redazione, viene affermato che l’eruzione del Vesuvio è una possibilità, ma questo è un errore perché, in realtà, si tratta di una certezza (ripetuta da anni), sebbene non si sappia bene come avverrà tale eruzione (esistono, tuttavia, degli scenari previsionali) e si ignori del tutto il quando si verificherà l’esplosione (ed è intorno a tale incertezza che si gioca la partita scientifico-politico-sociale del rischio geologico in provincia di Napoli).
Come dicevo, in poche righe non solo non viene detto nulla nel merito, ma ci sono addirittura omissioni e confusioni. Si fa riferimento a due vulcanologi, ma non ne viene fatto il nome, rimandando ad un’intervista dei due al “Giornale” (che, in realtà, non esiste; c’è, piuttosto, un servizio di “SkyTG24” in cui parlano i due scienziati); poi si mischia il caso flegreo a quello vesuviano (da tempo, i due studiosi sostengono che nel sottosuolo ci sia un’unica «sacca di magma» per i due vulcani, ma lo stato urbanistico di superficie delle due aree è piuttosto diverso e, sebbene preoccupante in entrambi i casi, comporta problematiche differenti) e, infine, si usano come sinonimi concetti (e strumenti) diversi come il “piano di emergenza” e il “piano di evacuazione” (che, restando sul generale, andrebbero ripensati, non semplicemente rinnovati).
Per saperne di più, dunque, ho cercato altre fonti. Innanzitutto l’articolo citato del “Giornale“, che è altrettanto sciatto e scialbo, dove tuttavia si viene a sapere che i due studiosi sono Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo dell’Osservatorio Vesuviano, i quali avrebbero lanciato un nuovo allarme vulcanico dalle pagine della prestigiosa rivista “Nature“, sul cui website, però, non c’è traccia di contributi recenti sull’argomento in oggetto.
Allora ho consultato “Il Mattino“, in cui c’è qualche ulteriore informazione (ma anche in questo caso col solito fraintendimento: «Settantuno anni dopo il Vesuvio potrebbe tornare a eruttare? E’ una possibilità»; no, è una certezza, ma non si sa quando, sicuramente non domani). L’articolo è arricchito da un’intervento di Francesco Emilio Borrelli, consigliere della Regione Campania per la lista Davvero Verdi, che su questo argomento non fa mai mancare la sua voce, a mio avviso sempre sbagliando obiettivo: da un ambientalista ci si aspetterebbe attenzione al delirio cementizio che ha causato la vulnerabilità dell’area, non una vacua denuncia dell’insufficienza del piano di emergenza (che possiamo rifare quante volte vogliamo e seguendo principi sempre diversi, ma che non mitigherà mai il rischio, il quale invece richiede altri interventi).
Il consigliere, inoltre, critica l’eventualità di trivellazioni in area flegrea strizzando l’occhio alle montanti pulsioni antiscientifiche tanto di moda tra i politici italiani (io, nel merito, non ho le competenze per affermare alcunché, se non intravedere grigi interessi economici) e poi si lancia in un annuncio impegnativo (una tecnica comunicativa consolidata e, a quanto pare, vincente, visto il consenso dei promettitori di professione): «Con la Regione Campania ci faremo promotori di un new deal affinché i piani vengano realizzati». Questi, infine, a detta del Dipartimento di Protezione Civile «esistono, da anni, e sono entrambi [dei Campi Flegrei e del Vesuvio] attualmente in corso di aggiornamento» (ma, tanto per restare in superficie, se la popolazione non li conosce, che valore ha tale esistenza?).
Per concludere, la notizia è stata diffusa anche in televisione attraverso “SkyTG24“, in un servizio di 4 minuti, con interviste a Mastrolorenzo e Pappalardo e, in chiusura, al diretore dell’OV Giuseppe De Natale:
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PS: l’intera faccenda l’ho conosciuta tramite questo post su fb.
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AGGIORNAMENTO del pomeriggio del 24 agosto 2015:
Le considerazioni di questo post, come spero sia chiaro, riguardano esclusivamente l’aspetto giornalistico e culturale degli ultimi episodi relativi all’informazione sul rischio vulcanico in area napoletana; non toccano gli aspetti vulcanologici, sui quali non ho competenze tecniche. Reazioni, tuttavia, ci sono state anche su questo specifico ambito, come le precisazioni del direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe De Natale, in merito alle affermazioni dei due ricercatori citati. Il testo è stato diffuso con una nota ufficiale del 23 agosto (ieri, ma l’ho scoperta solo ora attraverso Vesuviolive, e questo mi porta a riflettere sull’efficacia dell’attuale comunicazione ufficiale da parte dell’OV e del DPC, della quale scriverò presto):
Precisazioni del Direttore in merito alle notizie diffuse da alcuni media sullo stato del Vesuvio
Ieri ed oggi numerosi cittadini hanno telefonato alla nostra Sala Monitoraggio, diversi di loro evidentemente turbati da quanto appreso, per segnalare notizie allarmanti sui nostri vulcani provenienti da alcune testate giornalistiche e TV.
Per questo ritengo doveroso fare le precisazioni seguenti.
A tutti ribadisco che l’Osservatorio Vesuviano,sezione di Napoli dell’INGV, è l’unico Ente che rileva e studia sistematicamente e con continuità i dati di monitoraggio delle aree vulcaniche campane: Vesuvio, Campi Flegrei ed Ischia, ed emette periodicamente Bollettini che contengono tutte le informazioni rilevanti, nonché le eventuali variazioni di attività, su questi vulcani. I nostri Bollettini sono disponibili a tutti, perché pubblicati nelle sezioni specifiche di questo web. Pertanto, ogni informazione sullo stato dei vulcani campani che non provenga da canali ufficiali dell’INGV potrebbe riportare l’opinione personale di qualche singolo ricercatore, italiano o straniero, oppure di qualche giornalista, politico p semplice cittadino, ma non riflette in alcun modo la visione ufficiale dell’INGV che, come si è detto, è l’unico Ente che rileva e studia in maniera continua, sistematica ed in tempo reale, lo stato dei vulcani.
I cittadini quindi, e gli stessi giornalisti, se desiderano avere notizie certificate ed aggiornate sullo stato dei vulcani campani, possono consultare il presente sito web o rivolgersi ai Colleghi di turno presenti in Sala Monitoraggio 24/24 h oppure (per questioni particolarmente importanti e/o per concordare interviste) alla Segreteria di Direzione nelle ore lavorative (i rispettivi numeri telefonici sono riportati nella sezione ‘contatti’ di questo sito). Il nostro Istituto è sempre+ disponibile ad informare correttamente ed a rispondere a qualunque domanda dei cittadini e dei media, relativamente allo stato dei nostri vulcani.
Nello specifico, a commento delle notizie diffuse ieri ed oggi da alcuni media e che hanno evidentemente causato ansia e preoccupazione in una parte di popolazione, si rileva quanto segue:1) Non esiste alcun lavoro pubblicato dalla rivista ‘Nature’ a firma congiunta dei Ricercatori citati dai media in questione;
2) Il Vesuvio è un vulcano attivo, come i Campi Flegrei ed Ischia, quindi non c’è bisogno di alcuna nuova ‘scoperta’ per sapere che prima o poi potrà eruttare; possibile eruzione che però non è sicuramente imminente, visto che non c’è alcun segnale che distingua l’attuale attività da quella degli ultimi 71 anni, ossia quiescenza;
3) Il fatto che esista una sorgente, laminare, di magma tra 8 e 10 km di profondità che alimenta tutta l’area vulcanica campana non è stato scoperto dai Ricercatori citati bensì da chi effettuò, tra il 1994 ed il 2001, gli esperimenti di tomografia sismica al Vesuvio ed ai Campi Flegre (tra cui il sottoscritto); è un fatto talmente noto che anche il numero di Settembre di Focus, nel suo articolo sui nostri vulcani, lo rende graficamente nella figura principale; e non ha alcuna implicazione allarmistica: semplicemente, nei primi anni del 2000, riuscimmo a definire, come forma e come profondità, la sorgente magmatica di alimentazione primaria dei vulcani campani;
4) I 20_30 cm di sollevamento di cui si riferisce non sono relativi al Vesuvio bensì all’area dei Campi Flegrei, e sono stati accumulati in più di 10 anni.
Il Direttore
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INTEGRAZIONE del 25 agosto 2015:
Due segnalazioni:
- Un’amica astrofisica ha scritto un post ironico tra macchie solari e allarmi vesuviani: QUI.
- Questo mio post è stato citato in un articolo del blog “SPGeology”, che ieri aveva già affrontato il tema dell’ultima bufala vesuviana: “[queste pseudo informazioni] normalmente le lascio passare e non le condivido nè ne parlo per non regalare loro altri clic, ma stavolta mi sono proprio scocciato” (condivido pienamente).
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AGGIORNAMENTO del 28 agosto 2015:
Sul “Mattino” di Napoli c’è una coda delle polemiche seguite all’ultimo allarmismo sul Vesuvio; lo racconta “San Sebastiano al Vesuvio News” (l’articolo è riprodotto tra i commenti: qui).
La cosa che più mi ha colpito, e che è stata reiterata da tutti gli organi di stampa come affermazione degli scienziati, è quella del termine caldera. La caldera non è un bacino magmatico, la caldera è il Monte Somma, è il vulcano estinto di Roccamonfina. La caldera è una depressione spesso circondata da ripidi pendii ed è dovuta allo sprofondamento di un precedente edificio vulcanico. Sarebbe bastato consultare un comune dizionario della lingua italiana, anche on-line, per capire l’errore ma forse alla presunzione del giornalismo italiano si chiede troppo. Per il resto hai espresso egregiamente la situazione dell'”informazione” sull’argomento in questione. Ho provato a contattare De Natale ma evidentemente valgo meno delle caldere di Sky e soci e del New Deal di Borrelli.
Come avrai già letto, il direttore dell’OV, Giuseppe De Natale, ha diffuso alcune precisazioni scientifiche in merito alle affermazioni dei due ricercatori citati: http://www.ov.ingv.it/ov/doc/Info-su-web.pdf (ho ricopiato il testo in un aggiornamento del post, qui sopra).
La replica del DPC al consigliere campano Borrelli:
“Il Giornale della Protezione Civile”, 24 agoso 2015, QUI
VESUVIO E CAMPI FLEGREI: I PIANI DI EMERGENZA ESISTONO DA ANNI E NON SONO CALATI DA ROMA. IL DPC RISPONDE AL CONSIGLIERE BORRELLI
Nessuna sottovalutazione del potenziale pericolo Vesuvio e campi Flegrei, i piani di emergenza esistono, è stata ridefinita la nuova zona rossa per l’area da evacuare in caso di ripresa dell’attività eruttiva, individuati i gemellaggi tra i Comuni coinvolti e le Regioni che dovranno accogliere la popolazione evacuata: il DPC risponde alle accuse del consigliere campano Francesco Emilio Borrelli
di Redazione
La recente pubblicazione di uno studio sulla pericolosità Vesuvio e dei Campi Flegrei a cura di due vulcanologi italiani, Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo, che ipotizzano una possibile eruzione dovuta a una sacca magmatica ospitata in una caldera a una profondità di 10 chilometri che potrebbe risalire in superficie, ha scatenato gli strali del consigliere regionale della Campania Francesco Emilio Borrelli (Davvero Verdi): “Nonostante gli allarmi lanciati da studiosi e scienziati di tutto il mondo – ha infatti dichiarato il consigliere – i vertici della Protezione Civile Nazionale guidati prima da Bertolaso e poi da Gabrielli non hanno realizzato o aggiornato i piani di evacuazione. Il Piano del Vesuvio – ha aggiunto Borrelli – non è stato mai aggiornato in modo concreto informando le popolazioni locali. Quello dei Campi Flegrei non esiste per non parlare di quello di Ischia mai neanche ipotizzato. Invece il Ministero dell’Ambiente vorrebbe autorizzate trivellazioni per realizzare impianti geotermici in zone come i Campi Flegrei ad altissima densità abitativa o mete turistiche. Con la Regione Campania – ha concluso – ci faremo promotori di un new deal affinché i piani vengano realizzati. Nelle more è impensabile trivellare o fare esperimenti pericolosi nelle caldere dei vulcani”.
Immediata la reazione del Dipartimento nazionale della Protezione Civile che smentisce in pieno le affermazioni del consigliere Borrelli, peraltro già assessore della Provincia di Napoli alla protezione civile e che quindi, come tale, quindi, scrive il DPC, “avrebbe dovuto interessarsi a suo tempo dei piani di emergenza”.
“I piani di emergenza – ricorda il Dipartimento – non sono strumenti calati da Roma, ma il risultato del lavoro congiunto di tutti i livelli territoriali; per Vesuvio e Campi Flegrei esistono, da anni, e sono entrambi attualmente in corso di aggiornamento. In particolare, come ogni cittadino che sia davvero interessato all’argomento e non solo per fare strumentale polemica può approfondire nelle sezioni dedicate sul sito istituzionale http://www.protezionecivile.gov.it, negli ultimi anni, non senza difficoltà, il Dipartimento nazionale, in stretto raccordo con la struttura regionale di protezione civile e con l’INGV, ha avviato numerose attività per l’aggiornamento della pianificazione: ridefinizione delle zone rosse sulla base del nuovo scenario scientifico di riferimento, aggiornamento a tutti i livelli dei numerosi elementi di cui si compone il piano globale, ridiscussione con le Regioni dei gemellaggi, individuazione di una corretta veste giuridica per la pianificazione finale. Per non parlare dei corsi di formazione per i tecnici comunali, per il personale delle strutture operative territoriali e delle componenti del sistema di protezione civile coinvolte quotidianamente nelle attività di preparazione e pianificazione”.
“Per il Vesuvio – prosegue la nota del DPC – a valle della pubblicazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri che stabilisce definitivamente la nuova zona rossa per l’area vesuviana, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile ha recentemente emanato le indicazioni alle Componenti e alle Strutture operative del Servizio Nazionale per l’aggiornamento delle pianificazioni di emergenza ai fini dell’evacuazione cautelativa della popolazione della zona rossa (pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo scorso), decreto che sta guidando i lavori dell’intero servizio nazionale di protezione civile in questi mesi. Nel frattempo, nel febbraio di quest’anno la Regione Campania ha approvato anche la nuova delimitazione della zona gialla della pianificazione nazionale. Anche per i Campi Flegrei, per i quali la Regione Campania ha approvato sia la nuova zona rossa sia, con la delibera n. 175 di aprile, la zona gialla si seguirà l’iter giuridico-normativo previsto per il piano di emergenza per rischio vulcanico al Vesuvio”.
Tra i commenti di questo post sulla pagina fb del consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli si è sviluppata una ricca discussione tra il politico e il signor Davide Iacono: altamente indicativa della preparazione dei nostri amministratori. Da conservare.
Tra le affermazioni più clamorose del consigliere regionale, segnalo le seguenti:
1) “l’osservatorio vesuviano non è il vangelo e infatti non è preso in considerazione dagli scenziati mondiali”
2) “tra poco pubblicherò la lettera degli scenziati che distruggono le sciocchezze scritte dall’osservatorio”
3) “a livello internazionale sono molto attenti mentre all’osservatorio vesuviano si pensa molto ad avere consulenze ed incarichi. Non a caso non esistono i piani di evacuazione”
4) “de natale e gli altri non hanno i titoli scientifici di mastrolorenzo.”
5) “anche all’Aquila rassicurarono la popolazione”
L’intera conversazione è questa:
Lo screenshot ha ormai assunto lo status di documento, per cui aggiungo quello della conversazione che ho riprodotto qui sopra:
Io so solo una cosa, Mastrolorenzo è ormai una star, seconda solo a Tozzi ed è difficilmente raggiungibile, lo contattai in tempi non sospetti e già allora dimostrò di saper discriminare le testate giornalistiche. In genere diffido di chi presenzia molto ma è una mia idiosincrasia. La Pappalardo, neanche lei è raggiungibile ma credo che sia per il clamore suscitato e per un’ovvia titubanza verso i giornalisti. Di Natale, contrariamente al passato, aspetto ancora che mi risponda, anche se a questo punto credo lo abbia fatto col comunicato stampa, ma ovviamente non era quello che volevo io.
Che dire su Borrelli, un “poltronista”, uno che si è scavato la sua nicchia di pseudoambientalista e fa solo chiacchiere e distintivo. Il piano di emergenza è quello che è, certo, ma di qui a fare al lupo al lupo mi sa di condivisione di colpe. All’Aquila c’era Bertolaso che impose una scelta, qui invece c’è un organo che per legge e nozione di causa monitora e avverte. Chi parla e permette che il proprio pensiero sia travisato (perché questo è accaduto in questi giorni) deve comunque assumersene le responsabilità. Da ambientalista, il sig Borrelli, dovrebbe occuparsi più delle discariche che della geologia (ha cognizione in questo campo?). E mi permetto di dire questo per la mia lunga esperienza a riguardo.
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Sul “Mattino” di Napoli c’è una coda delle polemiche seguite all’ultimo allarmismo sul Vesuvio; lo racconta “San Sebastiano al Vesuvio News“.
“San Sebastiano al Vesuvio News” (pagina fb), 28 agosto 2015, QUI
Martedì 25 agosto, un articolo pubblicato sulle pagine del quotidiano “Il Mattino”, a firma di Franco Mancusi, riportava la notizia della presunta ed imminente eruzione del Vesuvio basata sulle dichiarazioni rilasciate alla rivista “Nature”, dai due vulcanologi italiani Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo.
«A titolo personale qualche studioso cerca un soffio di notorietà -commenta il giornalista- impressionando cittadini, buontemponi e mass-media pronti ad ospitare falsi scoop facili».
A supportare tale considerazione, Mancusi riporta alcuni stralci del comunicato con cui il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe De Natale, smentisce quanto dichiarato dai due studiosi, esprimendo dubbi relativi alla stessa pubblicazione sulla rivista Nature.
«Tutto sereno sotto il cielo dei vulcani napoletani? Non proprio -conclude Mancusi-, perché se al momento non c’è il minimo segnale di allarme, fermi a zero risultano i piani di sicurezza, che la Protezione Civile avrebbe dovuto attuare nei territori a rischio dopo l’approvazione a tavolino. I promessi interventi di prevenzione all’interno delle due zone rosse (che comprendono ormai gran parte del capoluogo) non sono mai partiti. I programmi di conoscenza e di educazione sono fermi al palo».
Queste ultime affermazioni del giornalista non sono passate inosservate ai membri del Dipartimento Protezione Civile che, mezzo ufficio stampa, hanno inviato al Mattino una lettera (vedi foto in basso), pubblicata mercoledì, il cui intento è precisare che i piani di sicurezza non sono affatto «fermi a zero», così come dichiarato da Mancusi: «Il Dipartimento Nazionale, in stretto accordo con la struttura regionale di protezione civile e con l’Ingv, ha avviato numerose attività per l’aggiornamento della pianificazione: ridefinizione delle zone rosse sulla base del nuovo scenario scientifico di riferimento, aggiornamento a tutti i livelli dei numerosi elementi di cui si compone il piano globale, ridiscussione con le Regioni dei gemellaggi, individuazione di una corretta veste giuridica per la pianificazione finale. Per non parlare dei corsi di formazione per i tecnici comunali, per il personale delle strutture operative territoriali e delle componenti del sistema di protezione civile coinvolte quotidianamente nelle attività di preparazione e pianificazione».
Non si lascia attendere la risposta di Franco Mancusi che ribadisce, motivandolo ulteriormente, quanto già precedentemente scritto: «I piani di sicurezza, approvati a tavolino, non hanno trovato sinora la necessaria attuazione pratica. Bloccate da oltre dieci anni le prove di fuga, dissestate le arterie di uscita dai territori a rischio, non ancora dragati i porti, potenziate le ferrovie, ristrutturate le vie d’acceso ai grandi nodi autostradali. Neppure uno straccio di segnaletica è stato mai realizzato nei punti caldi dell’area vulcanica napoletana. Nessuna notizia dei promessi programmi di educazione e di conoscenza dei fenomeni legali
all’emergenza».
Insomma, Mancusi ha perfettamente ragione, siamo ancora alle calende greche dal punto di vista delle tematiche connesse al rischio vulcanico. Lo stesso piano di evacuazione comunale, per un piccolo comune come il nostro, inserito a ragione in zona rossa non è mai stato reso noto a noi cittadini.
C’è molto fa fare ed è necessario che si faccia.
L’articolo di Mancusi citato in apertura del commento precedente.
“Il Mattino”, 25 agosto 2015, QUI
QUELLE BUFALE SUL VESUVIO NON AIUTANO LA SCIENZA
di Franco Mancusi
Vesuvio, croce o delizia dei napoletani? Puntualmente con l’afa opprimente di ferragosto, tornano le paure e gli allarmismi in previsione di una ipotetica eruzione imminente. A titolo personale qualche studioso cerca un soffio di notorietà impressionando cittadini, buontemponi e mass-media pronti ad ospitare falsi scoop facili. La psicosi si diffonde, ma la vita continua regolarmente nei popolosi Comuni alle falde del vulcano dove, anzi, sarà per fatalismo o per esperienza consolidata, le popolazioni reagiscono ormai senza particolari emozioni alle voci sulla catastrofe che non arriverà.
Si sta bene, benissimo nelle case e nelle ville del vastissimo comprensorio vesuviano, da sempre luoghi ameni di villeggiatura e di straordinaria qualità residenziale. Stavolta, però, il falso di Ferragosto rischia di provocare conseguenze serie all’interno della comunità scientifica e nell’opinione pubblica, in difesa di fronte agli allarmismi ricorrenti. Dalle polemiche accademiche si passa alle accuse di manipolazione dei dati scientifici pubblicati su documenti di provato prestigio internazionale.
Tutto nasce dalla denunzia di due ricercatori napoletani che in un articolo attribuito alla rivista «Nature», affermano di considerare imminente un eruzione catastrofica del vulcano per la presenza di un gigantesco bacino magmatico a 8 chilometri di profondità nella zona centrale della caldera che abbraccia Vesuvio e Campi Flegrei. Ieri sera il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Pino De Natale, contestando le affermazioni dei due ricercatori (Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo), non soltanto ha smentito qualsiasi ipotesi di rischio imminente, ma ha negato addirittura che l’articolo di denunzia sia mai stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale «Nature». Un giallo di non facile soluzione, insomma, sulla pelle dei napoletani che forse continuano a fare bene nell’affidarsi sempre e soltanto a San Gennaro per sentirsi in qualche modo protetti dal pericolo incombente.
«Voglio tranquillizzare innanzi tutto i cittadini che hanno tempestato nei giorni scorsi i centralini del nostro Osservatorio – spiega De Natale – dati alla mano posso confermare che al momento non esiste alcun pericolo di eruzione per il Vesuvio, tanto meno per i Campi Flegrei. La presenza del magma a 8 chilometri di profondità era stata già rilevata nel corso della campagna “Tomografia Sismica” condotta dal ’94 al 2001. Il sollevamento di 20 centimetri, del tutto fisiologico per un’area vulcanica, si riferisce ai Campi Flegrei e non a quella del Vesuvio. Cose che “Nature” mai si sarebbe sognata di accreditare. Quanto ai media, sarebbe bastato informarsi attraverso il nostro sito web o i centralini sempre disponibili dei nostri uffici per non incorrere nell’ennesima gaffe di mezza estate».
Mastrolorenzo, però, respinge le accuse, conferma l’articolo e promette scintille. Tutto sereno sotto il cielo dei vulcani napoletani? Non proprio, perché se al momento non c’è il minimo segnale di allarme, fermi a zero risultano i piani di sicurezza, che la Protezione civile avrebbe dovuto attuare nei territori a rischio dopo l’approvazione a tavolino. I promessi interventi di prevenzione all’interno delle due zone rosse (che comprendono ormai gran parte del capoluogo) non sono mai partiti. I programmi di conoscenza e di educazione sono fermi al palo. Un’interrogazione del consigliere Verde Francesco Emilio Borrelli trasferirà il confronto nell’assemblea regionale.
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