Le perimetrazioni del rischio vesuviano

In base alle osservazioni storiche relative al comportamento eruttivo del Vesuvio e considerando la relazione fondata sul «prodotto tra la probabilità che si verifichi un determinato fenomeno vulcanico ed i relativi danni che esso è in grado di provocare»[1], gli scienziati hanno individuato diversi gradi di rischio all’interno di un’ampia area intorno al vulcano. Il Piano di Emergenza Nazionale del 1995 ha recepito tali indicazioni suddividendo il territorio in “zone di pericolosità” (che, tuttavia, sono sempre il risultato di una negoziazione). Si tratta delle zone rossa, gialla e blu.

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Fonte: “Rivista Hyde Park”.

La zona rossa, recentemente ridefinita, si estende su 25 comuni (compresi tre quartieri di Napoli) ed è la più prossima al cratere; è l’area che potrebbe essere invasa da flussi piroclastici, colate di fango, lava e altri prodotti vulcanici. Si tratta, in altre parole, del territorio a maggiore pericolosità, abitato da circa 700mila persone, nel quale possono inoltre verificarsi anche gli effetti previsti nelle altre due zone (gialla e blu) e sulla quale si concentra la maggior parte del dibattito pubblico e delle iniziative politiche relative al rischio vesuviano.

La zona gialla corrisponde all’area su cui potrebbero cadere ceneri e lapilli, pericolosi per la respirazione e, accumulandosi sui tetti, per il crollo degli edifici. Si tratta di una regione ampia 1.100 kmq, corrispondente a 96 comuni posti a nord-est, est, sud e sud-est del Vesuvio delle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno. Nel Piano è specificato che in base allo scenario del 1631, «solo il 10% della zona gialla sarà effettivamente coinvolto dalla ricaduta di particelle, subendo danneggiamenti»[2]. La difficoltà nell’accertare in anticipo i luoghi interessati dipende dall’impossibilità di prevedere in quale direzione il vento sposterà la nube eruttiva (che dipenderà anche dalla stagione dell’anno in cui si verificherà l’eruzione). Nel suo complesso la zona gialla è attualmente abitata da oltre un milione di persone.

La zona blu, infine, comprende 14 comuni della conca del nolano, a nord-est del vulcano, su una superficie di 100 kmq. Come la precedente, anche quest’area sarà evacuata ad evento in corso, a causa della possibilità di inondazioni e alluvioni causati dal trascinamento di cenere ad opera della pioggia che, sempre, segue un’eruzione.

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Note:
[1] A. Rapolla – G. Rolandi – C. Bais, Aspetti geofisici, vulcanologici e geosismici, in AA.VV., Il rischio Vesuvio. Strategie di prevenzione e di intervento, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Giannini Editore, Napoli, 2003.
[2] Piano di emergenza Vesuvio, Dipartimento della Protezione Civile.

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Ulteriori informazioni sono fornite da MalKo in QUESTO post del 12 marzo 2014.

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AGGIORNAMENTO del 15 maggio 2014:
Ne ho accennato ieri sera in un incontro dedicato al rischio Vesuvio a Torre del Greco: la nuova zona rossa vesuviana tracciata in base alla cosiddetta “linea Gurioli” crea delle disparità tra i comuni alle pendici del vulcano perché distingue tra “zona rossa 1” e “zona rossa 2”. Il comune di Boscoreale ha fatto ricorso e il TAR della Campania gli ha dato ragione: il suo territorio è solo parzialmente soggetto ai massimi vincoli della perimetrazione del rischio. Viene da domandarsi, dunque, cosa si voglia fare nella parte esterna alla “black line” (e temo che le betoniere stiano scaldando i motori). A questo punto è facile aspettarsi ricorsi simili da parte degli altri comuni che si trovano nella medesima situazione: Cercola, Pompei, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Torre Annunziata. Lo spiega Malko, come sempre in maniera molto chiara: Rischio Vesuvio e la teoria del cigno nero (13 maggio 2014) (e lo aveva preannunciato già un anno prima, in questo post del 28 maggio 2013).

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AGGIORNAMENTO del 3 maggio 2015:
L’andamento pressoché circolare dell’attuale zona rossa del #Vesuvio, decretata nel 2013, segue principi scientifici (della vulcanologa Lucia Gurioli) più convincenti rispetto a quelli della prima versione (risalente al 1995), quando l’area di maggior rischio vulcanico seguiva acriticamente i confini dei comuni. La nuova perimetrazione, tuttavia, ha portato con sé nuove problematiche: un comune che rientra solo parzialmente all’interno della “linea Gurioli” deve applicare a tutto il suo territorio la legge regionale campana 21/2003 (che vieta l’edificazione per uso residenziale)? Il comune di Boscoreale, interessato dal quesito, ha presentato un ricorso al TAR della Campania, che gli ha dato ragione: può estrapolare dalla classificazione di zona ad alto rischio quella parte di territorio boschese che va oltre il limite Gurioli. L’ultima parola, tuttavia, ci sarà tra un mese, il prossimo 4 giugno 2015, quando la querelle sarà presentata dinnanzi al Consiglio di Stato.
Il blogger MalKo spiega la situazione nei dettagli, anche storicamente: “Rischio Vesuvio: la zona rossa sui banchi del Consiglio di Stato“.