Eccolo, con la sua doppia gobba e il “fiume di pietra” che incessantemente scorre immobile verso la metropoli. Sono di nuovo in città e il primo sguardo, come sempre, è per «Isso».
Eccolo, col verde dei suoi fianchi e il nero della sua bocca; di che umore sarà oggi? come staranno le sue viscere? riposerà ancora tranquillo, vero? «Isso», come un corpo, come una persona, come una volontà.
«Vesuvius, I am here; you are all I have», canta Sufjan Stevens; «Tu tien’ ‘mman’ a te ‘sta vita mia», intonano ‘E Zezi. Ma è un’illusione. «Isso» non è tutto, «Isso» non ha in mano la vita di nessuno, «Isso» non decide alcunché. «Isso», piuttosto, è energia, è dinamismo, è chimica e fisica. «Isso» è ritmo e libertà, il ritmo della terra a cui vorremmo accordarci e non ci riusciamo. E allora «Isso» si trasforma in un inganno, diventa un’allucinazione, un miraggio. «Isso» è lo scotch con cui tentiamo di fermare l’emorragia della nostra vita che sfugge. «Isso» siamo noi, «Isso» sono io: «Vesuvius at myself, Vesuvius at myself», come ripete, struggente, Vic Chessnutt.
Non è il Vesuvio ad essere un corpo, sono io ad essere un vulcano, spesso assopito e quiescente, eppure pronto a far ribollire le mie passioni incandescenti e a propagarle in giro, affinché, dice Ionesco, «je ne devienne jamais un volcan éteint, un volcan décrépit».
Rieccoci, dunque, a specchiarci nuovamente nel Vesuvio: ci riconosceremo ancora? E sapremo attraversarlo, quello specchio, per scoprire qualcosa in più di noi stessi?
Se volete, ci proviamo dopodomani, venerdì 20 febbraio, alle 18h30, presso il Centro Culturale del Comune di Piano di Sorrento (evento fb).

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AGGIORNAMENTO del 21 febbraio 2015:
Lo stemma comunale della città di Piano di Sorrento è uno dei miei preferiti: oltre ad elementi simbolici locali tra terra e mare, ne ha uno singolare, il panorama che si gode dalle sue terrazze, come a dire che Piano di Sorrento è certamente il posto dove poggiamo i piedi, ma è anche lo spazio fin dove arriva il nostro sguardo. Il paesaggio, cioè, è qui ufficialmente considerato come parte dell’identità locale, ovvero il paese è tale perché inserito nel quadro del golfo di Napoli e del Vesuvio. E’ da qui che ieri sera ho cominciato il mio racconto dell’immagine vesuviana o, meglio, dell’immaginario collettivo intorno al nostro vulcano. E’ stata l’occasione per soffermarci su un’immagine che abbiamo continuamente davanti allo sguardo e che proprio per questo, come “la lettera rubata” (audio), non riusciamo più a vedere: visibile e invisibile allo stesso tempo.
Un amico ha pubblicato su fb alcune fotografie, qui:

Clicca sull’immagine per accedere all’album fotografico.
Come ieri, chiudo con un verso del poeta vesuviano Gennaro di Paola dedicato a “Isso”: «Stu riposo ca te stanne disturbanne, sfrigianne ‘o cuorpe tuoie ‘a rinte e ‘a fore; nun fà ca quanne te scite, ntussecate, te miette a da mazzate a tutte quante».
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AGGIORNAMENTO del 22 febbraio 2015:
Nei giorni successivi alla mia conferenza, alcuni webjournal locali sono tornati sull’argomento della in/visibilità del Vesuvio. Si tratta di “San Sebastiano al Vesuvio News” (22 febbraio 2015) e di “Penisola Magazine” (21 febbraio 2015).