Il racconto del Vesuvio sulla stampa degli ultimi giorni

Negli ultimi tempi mi torna spesso in mente un passaggio di un post di Hamilton Santià riportato nei primi giorni del 2014 su “Ciwati”:

«Lo ammetto, ho sempre creduto all’utopia della rete come luogo della costruzione di una nuova cittadinanza consapevole, di una nuova diffusione della conoscenza. Per questo mi sento a disagio quando vedo che ad oggi internet è solo un enorme bar in cui ognuno dice la sua e lo dice in maniera più violenta perché non esistono più quei confini del corpo».

Il riferimento era alle parole d’odio che spudoratamente ogni giorno vengono vomitate sul web contro il nemico di turno (in quel caso era addirittura Pierluigi Bersani ricoverato d’urgenza in ospedale), ma più in generale vi si esprimeva sconforto verso una speranza digitale tradita. La rete, infatti, da possibile strumento di sviluppo di un’intelligenza più ampia e collettiva, al momento è spesso preda di una moltitudine piuttosto chiassosa che esprime giudizi improvvisati su qualsiasi cosa e che diffonde svariate notizie infondate (o dalle fonti inconsistenti), generalmente catastrofiste. Sembrerebbe un fenomeno spontaneo dovuto ad un generale abbassamento della soglia del pudore e della cautela, ma probabilmente lo è solo in parte perché, al contrario, frequente è il caso di notizie (o pseudo tali) che vengono costruite da organi di stampa in cerca di audience: il clamore, facendo rumore, attira sempre un certo flusso di visitatori su determinate pagine web e questo, in concreto, significa vendita di banner pubblicitari, cioè aumento degli introiti di denaro. Ciò accade ad ogni livello: dai webjournal più autorevoli che non si fanno mancare il “boxino morboso” e i cuccioli di dalmata, fino ai notiziari locali che propongono articoli sensazionalistici, passando per blog specializzati in teorie del complotto, unicamente votati a creare scalpore e momentanea indignazione. Nel settore dell’informazione, però, talvolta può essere una notizia l’informazione stessa, ovvero un giornale può riferire ciò che raccontano i concorrenti o gli altri media e può spiegare il modo in cui lo fanno. Per avere una loro dignità, tuttavia, articoli del genere necessitano di un punto di vista chiaro, di un taglio teorico ed interpretativo esplicito, altrimenti l’effetto è quello di un’illusione ottica o di un’operazione di plagio.
All’interno delle multiformi dinamiche assunte dalla comunicazione contemporanea, il Vesuvio è molto presente; il vulcano napoletano – come ho già scritto qualche tempo fa – è una notizia di per sé, figurarsi quando sulle sue pendici vi si registra anche solo una lieve scossa sismica; non mancano, però, per completare il quadro, nemmeno gli articoli metagiornalistici, come quello edito il 18 febbraio 2014 dal website de “Il Mattino”.

Ieri il principale quotidiano di Napoli ha pubblicato un pezzo non firmato che non avrebbe sfigurato sul blog di un Luke Thomas qualsiasi [chi è], un testo assemblato raccattando tra le cialtronerie diffuse da una serie di website di “serie c” e confezionato senza alcuna capacità critica, per di più senza nemmeno motivazioni di cronaca (sul web, l’ultima ondata apocalittica vesuviana si è avuta durante le festività natalizie 2013-2014 e, per porvi un argine, lo stesso direttore dell’OV ha dovuto scriverne una nota).
Nel pezzo in questione, intitolato “«Un milione di vittime per la prossima eruzione del Vesuvio». La paura corre sul web“,  viene ampiamente citata una dichiarazione di Flavio Dobran, di cui tuttavia non è mai fornita la fonte originaria: l’articolo sostiene che provenga da «uno studio pubblicato nei mesi scorsi», ma non ne indica il titolo, la rivista, la casa editrice, un abstract, un link… niente. Inoltre, quelle parole circolano sul web da almeno due anni, non da qualche mese: 

«All’improvviso il Vesuvio che sonnecchia dal 1944 esploderà con una potenza mai vista. Una colonna di gas, cenere e lapilli s’innalzerà per duemila metri sopra il cratere. Valanghe di fuoco rotoleranno sui fianchi del vulcano alla velocità di 100 metri al secondo e una temperatura di 1000 gradi centigradi, distruggendo l’intero paesaggio in un raggio di 7 chilometri spazzando via case, bruciando alberi, asfissiando animale, uccidendo forse un milione di esseri umani. Il tutto, in appena 15 minuti».

Per quanto catastrofista e disarmante, la drammatica ipotesi avanzata da Dobran non è affatto irreale, tuttavia delinea solo uno tra gli scenari possibili. Al momento, infatti, nessuno sul pianeta è in grado di (pre)dire l’entità, le modalità e i tempi del risveglio del Vesuvio (e se qualcuno lo afferma è un cialtrone, senza appello). Che avvenga tra 1 anno o tra 2 secoli, la prossima eruzione potrebbe essere subpliniana (come nel 1631: catastrofica), pliniana (come nel 79 dC: spaventosa), ancora più potente (come 3800 anni fa: infernale) o, al contrario, modesta (come quella del 1944: improbabile, ma non è escluso). Considerando le lacune e i ritardi dell’attuale Piano di Emergenza, anche io sono piuttosto pessimista e temo che una eventuale eruzione possa causare una tragedia senza precedenti, tuttavia, per essere operativi, la questione che bisogna porsi è la seguente: tra i vari scenari possibili, a quale possiamo dare delle risposte concrete? per quale tipo di eruzione siamo in grado di organizzare un piano di protezione civile realistico? Verosimilmente solo quello del 1631, devono essersi risposti nel 1995 gli estensori della prima versione del Piano. Forse è una sottostima, io non sono in grado di confutarlo, ma sarei meno preoccupato se la colossale macchina organizzativa che comunque è necessaria, si avviasse seriamente già su questo scenario, nonostante difetti e carenze.
Di Dobran sono disponibili dei testi scientifici sul vulcano, ma anche contributi in merito alla pianificazione dell’emergenza. Su quest’ultimo aspetto, in particolare, è piuttosto stimolante il volume Vesuvius 2000: education, security and prosperity (a cura di F. Dobran, edito nel 2006 da Elsevier Science & Technology), in cui vi è delineata una logica di convivenza col vulcano alternativa a quella emergenziale del Piano della Protezione Civile. Secondo Dobran, infatti, si dovrebbe puntare a «disegnare e costruire» un ambiente «sicuro e prospero» per i vesuviani, per cui la «grande sfida» è che «le popolazioni intorno al vulcano acquisiscano la consapevolezza dell’ambiente in cui vivono e partecipino alla soluzione di questa difficile situazione». L’obiettivo di «un nuovo paradigma per i vesuviani», cioè, passerebbe per una sorta di “uomo nuovo”, rigenerato dall’educazione e dalla conoscenza, così come dalla partecipazione democratica e dalla moderna tecnologia.
Com’è intuibile, s
i tratta di un obiettivo forse ideale, ma che tuttavia si pone in maniera costruttiva rispetto alla questione di fondo, per cui ho difficoltà a comprendere la ratio (giornalistica) del rilanciare periodicamente allarmi di entità inapprocciabile: ripetere che moriranno «un milione di esseri umani in 15 minuti» ha un qualche altro scopo, oltre a quello di determinare la paralisi di qualsiasi iniziativa? D’altra parte, cosa si vuole proteggere se sparirà ogni forma di vita in un quarto d’ora? Ebbene, forse è il caso di ribadire ancora una volta che:

«È fondamentale quindi che l’intero sistema di protezione civile – di cui anche gli organi di informazione fanno parte – affronti con equilibrio i temi legati al rischio sismico, senza cadere negli eccessi di rassicurazione, da una parte, o allarmismo, dall’altra» (DPC e INGV, 28 agosto 2013, qui)

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Negli ultimi giorni, però, l’attenzione mediatica al Vesuvio è stata particolarmente alta anche per un ulteriore fattore: la definizione governativa dei nuovi gemellaggi tra i comuni della zona rossa e le regioni d’Italia. L’altro ieri sera, 17 febbraio 2014, il principale telegiornale italiano ne ha trasmesso un servizio, soffermandosi sulle scarse e scarne vie di fuga e raccogliendo alcune testimonianze degli abitanti. Tra queste se ne distinguono due:

Anziana: «Addò ce mànnano? Che putìmmo fà?»
Giornalista: «Vi mandano in Veneto»
Anziana: «Veneto? E dove si trova il Veneto?».

Giornalista: «Lei si è mai sentito minacciato dal Vesuvio?»
Giovane: «No, mai».

Seguendo in diretta, ho immaginato il pensiero dell’intera nazione in quell’istante: «ignoranti e insensibili, sono pazzi questi vesuviani». L’abusivismo, i condoni che periodicamente lo legalizzano, la mancanza di strade adeguate, l’impreparazione all’emergenza sono problemi reali ed enormi, ma sono innanzitutto prodotti storici, ovvero sono il frutto di scelte o di mancate scelte. L‘entità del rischio vesuviano, in altre parole, è dato dall’assenza di pianificazione territoriale e da una politica (locale e non solo) votata al rimando. Ma c’è di più. Come tendo a ripetere spesso, nel caso vesuviano è del tutto insufficiente una comunicazione coordinata ed autorevole da parte delle istituzioni, un dialogo aperto con gli abitanti che eviti allarmismi ingiustificati, un colloquio durevole e comprensibile che porti il Tg1 – visto che ne sto parlando – ad evitare inutili montaggi  sensazionalistici, perché, a rigore, non è necessario che un’anziana sappia dove si trova il Veneto, ma è fondamentale che sappia in quale piazza del paese debba presentarsi in caso di allarme affinché qualcuno la porti in Veneto.

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Infine, e tocco ancora un caso giornalistico, come viene raccontato il rischio vesuviano nel resto d’Italia? Il 15 febbraio 2014 il quotidiano trentino “L’Adige” ha scritto dei nuovi gemellaggi tra i comuni della zona rossa e le regioni italiane, che questa volta interessano anche Trento e Bolzano. Nel precedente elenco, infatti, tali province non erano coinvolte, mentre adesso, con la nuova perimetrazione del rischio vulcanico, è stato previsto che accolgano i 14mila abitanti di Pollena Trocchia. L’idea, tuttavia, non sembra essere stata recepita con particolare entusiasmo tra le Dolomiti, se l’autore del pezzo definisce questa decisione come «l’ultimo “regalino” del governo Letta». Necessariamente, a questo punto, mi sembra opportuno riproporre una domanda già posta in calce ad un precedente mio intervento:

«le altre regioni del nostro Paese lo sanno che il “rischio Vesuvio” riguarda anche loro? Si stanno attrezzando per l’accoglienza degli eventuali sfollati napoletani? Il Piano di Emergenza (giusto, sbagliato, incompleto, sottostimato e così via) è comunque “nazionale”, lo sa il resto d’Italia?»

Su quest’ultimo caso spero di riuscire a recuperare gli articoli dei giornali locali delle altre regioni. Se chi capita su questo blog vuole collaborare in tal senso, ne sarei molto contento.

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AGGIORNAMENTO del 23 febbraio 2014:
Le voci allarmistiche sul Vesuvio continuano e, per la terza volta dall’inizio del 2014, il direttore dell’Osservatorio Vesuviano ha pubblicato una nota per chiarire che il vulcano napoletano si trova sempre nello stesso stato: quiescente.

«AVVISO del 21/02/2014
Negli ultimi giorni si è diffuso, per l’ennesima volta, un allarmismo ingiustificato sullo stato del Vesuvio. Tale allarme deriva, a nostra conoscenza e per quanto riferito dalle persone che ci contattano, da due fonti: la prima è una ricostruzione giornalistica, sembra a firma di un ricercatore americano e che viene riportata ogni volta che si diffondono voci allarmistiche sui nostri vulcani, dei dettagli catastrofici di un’eruzione pliniana del Vesuvio; la seconda sarebbe una errata interpretazione del fatto che, essendo stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la nuova legge sui piani di emergenza Vesuvio, essa diventerà operativa entro 45 giorni. Questo fatto sarebbe stato erroneamente interpretato nel senso che ‘fra 45 giorni diventerebbe operativa (ossia inizierebbe) l’evacuazione’. Questa errata ed assurda interpretazione, che sembra stia ricorrendo sul web tramite i ‘social network’ è, ribadiamo, assolutamente falsa. Nel contempo, ribadiamo ancora una volta che l’attuale stato del Vesuvio è lo stesso che persiste dal 1944 ad oggi, ossia di quiescenza. Non c’è alcuna evidenza di attività anomala che potrebbe indicare una ripresa imminente di attività; anzi, l’attuale sismicità di fondo, che è assolutamente normale su ogni vulcano ed è normalmente registrata al Vesuvio dal 1944 ad oggi, è notevolmente più bassa che nel passato. Quindi, per quanto possa essere spaventosa una ricostruzione giornalistica (o cinematografica) di un’eruzione catastrofica, bisogna comprendere la differenza tra ‘possibile’, ‘probabile’ ed ‘imminente’. Eruzioni estremamente violente del Vesuvio (come di ogni vulcano esplosivo) sono certamente ‘possibili’, ma non sono ‘probabili’ (nel senso che per fortuna sono eventi rari), nè sono tantomeno, assolutamente, ‘imminenti’.
a cura del Direttore Giuseppe De Natale – http://www.ov.ingv.it/ov/ ».

5 thoughts on “Il racconto del Vesuvio sulla stampa degli ultimi giorni

  1. “Il Mattino”, 18 febbraio 2014, QUI

    «UN MILIONE DI VITTIME PER LA PROSSIMA ERUZIONE DEL VESUVIO». LA PAURA CORRE SUL WEB
    Torna a diffondersi sui siti internet e sui social network il risultato di un vecchio studio della New York University. E torna il panico
    di Redazione

    «All’improvviso il Vesuvio che sonnecchia dal 1944 esploderà con una potenza mai vista. Una colonna di gas, cenere e lapilli s’innalzerà per duemila metri sopra il cratere. Valanghe di fuoco rotoleranno sui fianchi del vulcano alla velocità di 100 metri al secondo e una temperatura di 1000 gradi centigradi, distruggendo l’intero paesaggio in un raggio di 7 chilometri spazzando via case, bruciando alberi, asfissiando animale, uccidendo forse un milione di esseri umani. Il tutto, in appena 15 minuti».
    Sembra il libro dell’Apocalisse, invece è uno studio pubblicato nei mesi scorsi dal vulcanologo della New York University Flavio Dobran. Come un virus, soprattutto sui social network, la “notizia” è costantemente “postata” e “ripostata”, scatenando il panico collettivo. Se da un lato c’è chi crede sia un’esagerazione l’analisi di Dobran, in molti temono davvero che quando il vulcano campano si risveglierà sarà un’ecatombe. E, anche a causa dei recenti terremoti in Campania, non a caso è tornato “di moda” sulla Rete la discussione su una possibile eruzione del Vesuvio in tempi brevi.
    L’ipotesi di Dobran – che trova comunque discordi molti vulcanologi in Italia – è documentata, ma non vi è alcuna indicazione di una possibile data di esplosione. «Non sarà tra due settimane – ha raccontato l’esperto – però sappiamo con certezza che il momento arriverà. La conferma viene dalla storia: le eruzioni su larga scala arrivano una volta ogni millennio. Quelle su media scala una volta ogni 4-5 secoli. Quelle su piccola scala ogni 30 anni. Ebbene, l’ultima gigantesca eruzione su larga scala è quella descritta da Plinio il Vecchio: quella che il 24 agosto del 79 dopo Cristo distrusse Ercolano e Pompei uccidendo più di duemila persone. La più recente eruzione su media scala è quella del 1631, che rase al suolo Torre del Greco e Torre Annunziata, facendo 4mila morti in poche ore».
    Al momento la situazione è sotto controllo, ma lo studio di Dobran resta un monito per tutti e un campanello d’allarme. Almeno per la rete
    .

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    “Tg1”, 17 febbraio 2014, QUI

    QUI VESUVIO, ALLARGATA LA ZONA ROSSA
    di Felicita Pistilli
    Sono 700 mila le persone da sfollare in caso di emergenza. Mancano le vie di fuga e il rischio continua ad essere legato all’abusivismo edilizio.
    VIDEO (1’25”)

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    “L’Adige”, 15 febbraio 2014, QUI

    SE ERUTTA IL VESUVIO 14MILA IN TRENTINO
    di Gigi Zoppello

    ROMA – Qualcuno se lo ricorderà come l’ultimo «regalino» del governo Letta: nell’ultima seduta – ieri mattina – l’esecutivo ha infatti aggiornato il «Piano d’emergenza per il rischio vulcanico del Vesuvio». In caso il vulcano si svegliasse (e non è ipotesi remota) bisogna far sfollare in fretta gli abitanti dei 25 Comuni più vicini al vulcano, per un totale di 700 mila persone. E il piano indica proprio dove andranno a stare, divisi regiona per regione in quell iche son ostati chiamati graziosamente «gemellaggi Comuni-Regioni». Tanto per dire, al Trentino è stato gemellato il Comune di Pollena Trocchia che da solo fa quasi 14 mila abitanti.
    Le disposizioni siglate ieri definiscono i gemellaggi tra i 25 Comuni della Zona rossa – quella più a rischio – e le Regioni che accoglierebbero nei loro territori la popolazione evacuata. Le aree da sottoporre ad evacuazione cautelativa, fa sapere la Protezione civile, sono sia quelle soggette «ad alta probabilità di invasione di flussi piroclastici» (zona rossa 1) sia quelle «soggette ad alta probabilità di crolli delle coperture degli edifici per importanti accumuli di materiale piroclastico» (zona rossa 2). I flussi piroclastici – per i profani – sono la colata lavica e i gas ad alte temperature.
    Saranno i successivi protocolli d’intesa che Regioni e Province autonome dovranno sottoscrivere con la Regione Campania e le amministrazioni comunali interessate – d’intesa con il Dipartimento della Protezione civile – a rendere effettivamente operativi i gemellaggi, prevedendo specifici piani per il trasferimento e l’accoglienza della popolazione da assistere.
    Nel frattempo, entro 45 giorni da quando le disposizioni verranno pubblicate in Gazzetta Ufficiale, il capo del Dipartimento della Protezione civile – d’intesa con la Regione Campania e sentita nuovamente la Conferenza Unificata – dovrà fornire alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della Protezione civile le indicazioni per l’aggiornamento delle rispettive pianificazioni di emergenza previste per lo specifico rischio vulcanico al Vesuvio, aggiornamento che dovrà compiersi entro i successivi quattro mesi «per assicurare la mobilitazione di tutte le componenti e strutture operative del Servizio nazionale della Protezione Civile come un’unica organizzazione».
    Così l’intero Comune di Portici si trasferirà in Val d’Aosta, mentre la Lombardia dovrebbe accogliere l’intera popolazione di Torre del Greco e Somma Vesuviana, mentre in Veneto arriverebbero San Giuseppe Vesuviano, Sant’Anastasia, Pomigliano d’Arco. Il Lazio avrà il carico maggiore, accogliendo Ottaviano e parte degli abitanti di Napoli. Tutti gli abitanti di Pompei, invece, dovrebbero andare in Sardegna
    .

  2. Le voci allarmistiche sul Vesuvio continuano, come ho scritto in questo post, e, per la terza volta dall’inizio del 2014 [la prima e la seconda], il direttore dell’Osservatorio Vesuviano ha pubblicato una nota per chiarire che il vulcano napoletano si trova sempre nello stesso stato: quiescente.

    «AVVISO del 21/02/2014
    Negli ultimi giorni si è diffuso, per l’ennesima volta, un allarmismo ingiustificato sullo stato del Vesuvio. Tale allarme deriva, a nostra conoscenza e per quanto riferito dalle persone che ci contattano, da due fonti: la prima è una ricostruzione giornalistica, sembra a firma di un ricercatore americano e che viene riportata ogni volta che si diffondono voci allarmistiche sui nostri vulcani, dei dettagli catastrofici di un’eruzione pliniana del Vesuvio; la seconda sarebbe una errata interpretazione del fatto che, essendo stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la nuova legge sui piani di emergenza Vesuvio, essa diventerà operativa entro 45 giorni. Questo fatto sarebbe stato erroneamente interpretato nel senso che ‘fra 45 giorni diventerebbe operativa (ossia inizierebbe) l’evacuazione’. Questa errata ed assurda interpretazione, che sembra stia ricorrendo sul web tramite i ‘social network’ è, ribadiamo, assolutamente falsa. Nel contempo, ribadiamo ancora una volta che l’attuale stato del Vesuvio è lo stesso che persiste dal 1944 ad oggi, ossia di quiescenza. Non c’è alcuna evidenza di attività anomala che potrebbe indicare una ripresa imminente di attività; anzi, l’attuale sismicità di fondo, che è assolutamente normale su ogni vulcano ed è normalmente registrata al Vesuvio dal 1944 ad oggi, è notevolmente più bassa che nel passato. Quindi, per quanto possa essere spaventosa una ricostruzione giornalistica (o cinematografica) di un’eruzione catastrofica, bisogna comprendere la differenza tra ‘possibile’, ‘probabile’ ed ‘imminente’. Eruzioni estremamente violente del Vesuvio (come di ogni vulcano esplosivo) sono certamente ‘possibili’, ma non sono ‘probabili’ (nel senso che per fortuna sono eventi rari), nè sono tantomeno, assolutamente, ‘imminenti’.

    a cura del Direttore Giuseppe De Natalehttp://www.ov.ingv.it/ov/ »

  3. La pagina fb “Rischio Vesuvio: informiamoci e attiviamoci” ha condiviso (qui e qui) un articolo sulla “strumentalizzazione” del Vesuvio a fini di audience, apparso il 20 settembre 2012 su “Tutto è…“, settimanale di Torre del Greco (a firma di SG):

    “Tutto è…”, 20 settembre 2012, p. 15

    Come creare una notizia dal nulla e farla arrivare su giornali e siti internet di tutt’Italia? Semplice: scrivendo del vulcano attualmente più pericoloso (e monitorato) al mondo
    VESUVIO, DA SEMPRE UNA “PRIMADONNA” INVOLONTARIA
    di SG

    Come creare una notizia dal nulla e farla arrivare su giornali e siti internet di tutt’Italia? Semplice: scrivendo del Vesuvio, il vulcano attualmente più pericoloso (e monitorato) al mondo. Un suo brusco risveglio metterebbe in ginocchio definitivamente la nazione tutta, altro che accise sulla benzina dopo i terremoti dell’Emilia!
    Sarà per questioni economiche, sarà perché al ritorno delle ferie gli argomenti scarseggiano, fatto sta che, dal primo settembre, quando sul sito Megamondo.com è stato pubblicato un articolo abbastanza vago – ed incompleto – su una ripresa dell’attività eruttiva in provincia di Napoli, il web è impazzito, tirandosi dietro anche televisioni e carta stampata.
    D’altra parte, il titolo dell’articolo prometteva bene (o male…): “Vesuvio, il gigante non dorme più?”. E via con tutta una serie di congetture nate dalla consultazione del sito dell’Osservatorio vesuviano, dove – con estrema puntualità e trasparenza – sono registrati e disponibili i tracciati in tempo reale dei sismografi posizionati attorno al vulcano.
    “Il più temuto vulcano del mondo comincia a dare i primi segni di risveglio, sciami di terremoti di piccola durata ed energia dal mese di maggio stanno interessando con maggiore frequenza l’area del cratere e localmente le zone prossimali. Gli eventi sismici sono andati aumentando progressivamente raggiungendo, nel mese di agosto scorso, quota 44 eventi”.
    Affermazioni del genere fanno subito breccia nel popolo degli internauti, generando ben 100 commenti in pochi giorni. Ma tra questi, c’è anche l’autorevole intervento di Luca D’Auria, responsabile del laboratorio di Sismologia dell’Osservatorio, che subito precisa: “E’ vergognosa la disinformazione fatta da questo articolo. I piccoli terremoti sono normali. Se ne verificano centinaia l’anno e indicano semplicemente che il Vesuvio è un vulcano attivo, seppur quiescente. I dati riportati non costituiscono una anomalia, ma rappresentano il normale comportamento di questo vulcano. I miei complimenti all’autore/autrice di questo articolo, magistrale esempio di cattivo giornalismo. Quanto detto può essere verificato da tutti i lettori osservando i dati raccolti in tempo reale dal mio Istituto alle pagine: http://www.ov.ingv.it”. Una perentoria replica che non scoraggia i frequentatori del sito Megamondo, che anzi rincarano la dose segnalando evidenti attività sismiche “fotografate” proprio dai grafici presenti sul sito dell’Osservatorio (vedi foto). Ma anche in questo caso, si tratterebbe di falso allarme: “I segnali che hanno carpito la vostra vivace attenzione non sono tracce anomale né rappresentano un problema. Sono semplicemente segnali generati dal passaggio di autoveicoli che i nostri sensori (sensibilissimi) rilevano. Se invece di polemizzare a priori aveste visitato con più attenzione il nostro sito web, avreste notato che la rete di monitoraggio sismico del Vesuvio è composta da più di 15 stazioni che ci consentono di localizzare terremoti di magnitudo prossima (e a volte inferiore) allo 0. Gli indefessi lavoratori dell’Osservatorio vesuviano hanno ottenuto risultati che i colleghi di tutto il mondo ci invidiano”, scrive ancora D’Auria.
    La polemica finisce qui. Ma da allora, come per incanto, si moltiplicano le notizie di giornali e altri siti internet riguardanti il Vesuvio ed un suo prossimo, eventuale risveglio.
    A peggiorare la situazione, manco a farlo apposta, lo sciame sismico rilevato ai Campi Flegrei nella prima metà di settembre. Finanche un sito “innocuo” come Meteoweb ha quindi deciso – motu proprio – di dedicare uno speciale al Vesuvio, con un ampio servizio, datato 7 settembre, che racconta di tutte le eruzioni vesuviane più recenti e si azzarda ad immaginare di quale tipo sarà la prossima.
    Insomma, la questione è tornata tutta a un tratto “di moda”, in un momento in cui anche solo una serie di scosse di lieve entità metterebbe definitivamente in ginocchio l’economia di una città come Torre del Greco già tormentata da fallimenti armatoriali, svalutazione degli immobili, crisi dei consumi, default del sistema dei trasporti locali.
    La ciliegina sulla torta? Il 18 settembre ecco il sito internet de “La Provincia di Cremona” che, celebrando il 36esimo anniversario del sisma del Friuli, ha riproposto un vecchio articolo del sismologo autodidatta Raffaele Bendandi, in cui afferma a chiare lettere che la sciagura era imputabile al letargo troppo prolungato del nostro Vesuvio. Pure questa

  4. Pingback: Il caos del rischio Vesuvio | Paesaggi vulcanici

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